mercoledì 16 dicembre 2020

NOTE A MARGINE DEL 54° RAPPORTO

 CENSIS “LITALIA È UNA RUOTA QUADRATA”

Il 4 dicembre è stato presentato il 54°rapporto del Censis sulla società italiana. Sono 36 pagine che consiglio di leggere sul sito dell’Istituto. Ne emerge un quadro preoccupante tanto che il nostro Paese viene così descritto: “Il sistema-Italia è una ruota quadrata che non gira: avanza a fatica, suddividendo ogni rotazione in quattro unità, con un disumano sforzo per ogni quarto di giro compiuto, tra pesanti tonfi e tentennamenti. Mai lo si era visto così bene come durante quest’anno eccezionale, sotto i colpi sferzanti dell’epidemia”.

Affiorano antichi atteggiamenti del nostro paese, sintetizzati nel titolo del primo capitolo della relazione:” Meglio sudditi che morti: le vite a sovranità limitata degli italiani e le scorie dell’epidemia”.

L’Italia del 2020 è “spaventata, dolente, indecisa tra risentimento e speranza. Il 73,4% degli intervistati indica nella paura dell’ignoto, e nell’ansia che ne deriva, il sentimento prevalente in famiglia; il 77% dice di aver modificato in modo permanente almeno una dimensione fondamentale della propria vita, tra lo stato di salute, il lavoro, le relazioni, il tempo libero. Ma anche passato quest’anno funesto, le scorie della pandemia, che comunque non è ancora superata, resteranno ancora a lungo nelle coscienze collettive: lo stesso concetto di libertà è messo in crisi dal virus e dalle azioni messe in campo per contenerlo.

Il 57,8% è disposto a “rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva”, mentre addirittura il 38,5% è pronto a “rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, introducendo limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione, di organizzarsi, di iscriversi a sindacati e associazioni”.

In questa polverizzazione della società, scivolata rapidamente nell’individualismo, si allarga la frattura tra “garantiti e non garantititi”, cioè tra chi gode di protezioni sul lavoro e di redditi certi e chi all’improvviso è piombato nell’indeterminatezza. Dai “garantiti assoluti”, quelli con datore di lavoro lo Stato, 3,2 milioni di dipendenti pubblici, ai pensionati, la cui preoccupazione principale è fornire un aiuto economico a figli e nipoti in difficoltà, un “silver welfare” informale, di fatto reso possibile anche dalla certezza dei redditi pensionistici”.

Poi si entra nelle cosiddette “sabbie mobili”: il settore privato, in cui il 53,7% degli occupati nelle piccole imprese vive con insicurezza il posto di lavoro.

Chi paga il prezzo più alto sono le nuove generazioni disincentivate a rischiare e a giocarsi il proprio futuro nel mercato. Il 40% dei giovani è passato ad una classe occupazionale inferiore rispetto ai genitori, in particolare dentro i ranghi del terziario non qualificato.

Nel rapporto della Fondazione ci sono 2 capitoli che meriterebbero un approfondimento da parte della politica, uno sulla Sanità: infatti si parla della straordinaria opportunità di rilancio del sistema grazie all’inedita disponibilità di risorse, ma che per il momento manca uno sforzo organizzativo tempestivo.

L’altro paragrafo interessante è quello sull’”erosione di due pilastri dell’architrave sociale: libere professioni e rappresentanza”

Dai dati emerge che il 60% dei titolari di partita IVA, dagli artigiani ai veterinari fino agli psicologi, è in difficoltà, anche se per alcuni esponenti del centro sinistra “le partite iva non stanno peggio degli altri”.

Le rappresentanze sono in difficoltà, infatti il rischio di delegittimazione sta nella grossa quota di lavoratori, più di sei milioni in attesa di rinnovo contrattuale.

L’analisi entra nel merito dell’emergenza del sistema scolastico, ma questo lo sapevamo già. Un altro aspetto delle difficoltà è la crisi del mercato immobiliare in particolare per uffici e negozi nei centri storici ed una situazione di questo tipo evoca scenari pericolosi già passati.

Ma c’è anche chi sta peggio: “l’universo degli scomparsi”, non facile da stimare con esattezza ma che dovrebbe contare circa cinque milioni di persone: coloro che svolgono lavoretti, lavori casuali, lavoro in nero, colore che “hanno finito per inabissarsi senza rumore”.

Chi può risparmia. È così che al giugno scorso nel patrimonio finanziario degli italiani, che ha raggiunto un valore complessivo di quasi 4.400 miliardi di euro, la voce contante e depositi bancari ha acquistato un ulteriore peso, passando da una quota del 32,9% nel giugno 2019 al 34,5% nel giugno 2020. Fatta eccezione per le riserve assicurative (passate dal 25,1% al 26,1%), tutte le altre voci arretrano: le obbligazioni, azioni e altre partecipazioni, quote di fondi comuni. Tutte risorse che non entrano nel ciclo produttivo, che non creano ricchezza e destinate a erodersi.

La ricchezza privata degli italiani, da sola, rappresenta la sesta economia d’Europa. Un Europa nella quale crede solo Il 28% degli italiani.

Massimo Cingolani da ArcipelagoMilano del 16.12.2020

 

giovedì 3 dicembre 2020

LA RISPOSTA DI ICHINO

 

AFOL METROPOLITANA

All’articolo di Francesco Bizzotto LAVORO IMPRENDITIVO, Ichino risponde chiaro sulle politiche pubbliche a Milano. AFOL Metropolitana si ristruttura e rilancia i servizi al lavoro.

Caro Francesco,


rispondo molto volentieri alla sollecitazione contenuta nel tuo articolo Il lavoro imprenditivo. In sostanza mi chiedi: ”bene la teoria, ma sul piano pratico, visto che da un anno ormai sei membro del consiglio di amministrazione dell’AFOL, Agenzia per il lavoro e la formazione della Città Metropolitana di Milano, cosa stai facendo per realizzare le cose che teorizzi, in tema di servizi efficaci al mercato del lavoro?”.

 

Nel 2019 ho preso servizio – a titolo totalmente gratuito, è bene precisarlo – come membro del Consiglio di Amministrazione di AFOL insieme a Maurizio Del Conte, Marco Leonardi e Valeria Sborlino, trovando una situazione per molti aspetti deplorevole: un Direttore Generale incriminato e rinviato a giudizio (poi anche arrestato) per gravissime malversazioni; una struttura amministrativa priva di dirigenti e dunque di responsabili; assenza totale di un progetto (con corrispondenti obiettivi specifici, misurabili e collegati a scadenze temporali precise) volto a rispondere in modo innovativo ed efficace alle esigenze del mercato del lavoro del territorio milanese.

 

Questa essendo la situazione, la prima cosa da fare era ricostruire la struttura organizzativa sulla base di un’idea strategica precisa circa l’assetto e gli obiettivi della struttura, incominciando dal vertice. Abbiamo dunque proceduto a:

·         licenziamento in tronco del Direttore Generale (operazione non facilissima in un ente, qual è AFOL, ancora legato a procedure tipiche delle amministrazioni pubbliche e legato all’applicazione del contratto collettivo degli Enti Locali; operazione, altresì, non consueta, prevalendo altrove il malcostume amministrativo di attendere l’esito del procedimento penale prima di licenziare il dipendente responsabile di gravi mancanze verso l’ente datore di lavoro);

·         elaborazione di un progetto molto ambizioso di ristrutturazione e rilancio dell’attività dell’Agenzia, secondo le linee che sono esposte nel primo capitolo del mio libro a cui fai riferimento, L’intelligenza del lavoro (il cui contenuto rispecchia esplicitamente, appunto, questo progetto) e ottenimento del “via libera” per la sua attuazione da parte del vertice della Città Metropolitana, nostro “socio di riferimento”;

·         contemporanea apertura di un bando per l’assunzione di un nuovo Direttore Generale, con contemporanea diffusione dell’informazione in proposito, in modo da ottenere la partecipazione più ampia possibile da parte delle persone più qualificate;

·         selezione e scelta del nuovo D.G., nella persona del dott. Tommaso Di Rino, la cui eccellente esperienza e competenza ha potuto essere sperimentata in precedenza nell’amministrazione abruzzese;

·         bando e selezione, immediatamente dopo, dei tre dirigenti necessari per l’operatività della struttura, che si è appena concluso con l’insediamento di tre persone – due provenienti dall’interno della struttura e una da fuori – fortemente motivate per la realizzazione del progetto di cui sopra.

 

Forse, dal di fuori, un anno per questi quattro passaggi può apparire un tempo troppo lungo; ma posso testimoniare in piena coscienza che non lo è: per riuscire a compiere questi passaggi abbiamo lavorato molto intensamente.

 

Ora incomincia la fase di realizzazione dei servizi di orientamento, formazione mirata agli sbocchi effettivamente esistenti, monitoraggio capillare e permanente dell’efficacia della formazione impartita, sviluppo di un rapporto di fiducia con le imprese e con le persone che vivono del loro lavoro e cercano un’occupazione o intendono cambiarla.

Ora, dunque, incomincia la fase nella quale si devono incominciare a vedere i primi risultati operativi. Spero che questi siano corrispondenti alle attese e al nostro impegno. Appuntamento a – diciamo – tra un anno per una prima verifica.

Cordialmente

Pietro

 

Grazie a Pietro Ichino. Parole chiare e impegni precisi, dunque. Non è poco.

Un anno poi è ragionevole, in entrambe le direzioni. Forse per il post pandemia serve uno sforzo e investimento particolare. Specie nel Contado e per i giovani. Quante aziende entreranno in crisi? Le cose che Pietro Ichino dice sono comunque importanti:

·         Orientare e Formare in modo mirato (a quel che serve) e verificato nei risultati;

·         Conquistare la fiducia delle aziende e far dialogare la loro Domanda e l’Offerta di lavoro sempre; e in specie nel tempo di difficoltà e precarietà che anticipa le crisi.

·         Mirare a soddisfare (con una mobilità del lavoro ragionevole) entrambe le parti.

 

Forse è tempo di aprire le Istituzioni pubbliche alla convergenza e collaborazione delle parti sociali e del privato competente e interessato. Lo vuole l’Europa e può rafforzarne l’efficacia e il prestigio. Se ognuno opera separatamente, nel proprio campo, si moltiplicano i costi e si annebbiano i risultati. Rimangono le bandierine.

 

Ma, riconosciamo: nel panorama, gli obiettivi di AFOL sono belli e ambiziosi.

 

Buon lavoro! Seguiremo da vicino la nostra AFOL Metropolitana.

 

Francesco Bizzotto