giovedì 25 giugno 2020

LA GESTIONE DEL RISCHIO IGNOTO


Ribadiamo: è urgente assicurare il Rischio ignoto (il Cigno nero di Nassim Nicholas Taleb). Assicurare i danni catastrofali – dopo il confinamento del Covid-19 – è questione di civiltà e giustizia: è utile che lo faccia l’Assicuratore, interessato come mai alla Prevenzione, con lo Stato che fa da garante. Serve un fondo ad hoc. Si può fare in molti modi. Basterebbe valorizzare un passaggio trascurato della Gestione dei rischi, la Ritenzione. Con una franchigia di 100 euro in tutte le polizze, in Italia, si creerebbe un fondo di 4 miliardi. In Europa 10 volte di più

 

Il tema della Gestione dei rischi che stiamo correndo in modo disordinato merita di essere approfondito. È tempo di assumere l’atteggiamento saggio e guardingo di chi si aspetta il “Cigno nero”: l’incredibile, impensabile, improbabile. Il Cigno nero (sia positivo sia negativo) è già presente: da un lato il 5G (il digitale, fino a 100 volte più veloce), dall’altro il lockdown di queste settimane. In termini tecnici è il Rischio ignoto. Si tratta di attrezzarci per misurarlo. Torna in mente l’enigmatico invito di Galileo: “Misura ciò che è misurabile e rendi misurabile ciò che non lo è”. Necessario, per invertire il trend del degrado.

 Vediamo grandi possibilità (ad alto rischio): una stagione di apertura e di pace, crescita, benessere e qualità della vita. Sì. Possibilità e rischi viaggiano insieme (sono i due lati di un unico foglio). Insieme vanno gestiti e armonizzati; formano la Potenza che, fino a Gesù, era prerogativa del divino e del potere. Ora, lo è di tutti: siamo figli, portiamo tutti un po’ di potere e di rischio. Emanuele Severino ci ricordava Aristotele: “Ciò che è in potenza, è in potenza gli opposti”. Conoscenze, mezzi tecnici e libertà li stanno amplificando. Entrambi.

 La Gestione del rischio è la pratica che rende sostenibile la crescita perché qualifica, mitiga e ci rende capaci di correre grandi rischi. Merita di essere fiscalmente agevolata. Peraltro, è obbligo di chiunque amministri (D.lgs. 231/01). Noi ci proponiamo di osservarne i limiti e proporre l’innovazione necessaria per affrontare la stagione dei Cigni neri, del Rischio ignoto. Al rischio, lo ribadiamo, sta venendo meno la misura statistica, la probabilità che guarda al passato, alle frequenze di danno. E, senza misura, il rischio regredisce a pericolo e incertezza, dice Niklas Luhmann. Dobbiamo renderlo un rischio, misurato. E poi c’è la questione risorse: come costituire il fondo ad hoc?



La classica Gestione – fatti i tre passi di base (Individuazione dei rischi, Valutazioni, Prevenzione dei danni) – parla di due passaggi sottostimati: la Ritenzione (in proprio) dei piccoli rischi e il Trasferimento assicurativo dei grandi rischi. Ora, la Ritenzione dei piccoli rischi responsabilizza i sistemi, è molto formativa e consente belle economie.



Il Trasferimento assicurativo è divenuto decisivo: per anticipare ed evitare i danni; perché ad alcuni danni non c’è più rimedio. L’Assicuratore si deve concentrare sui grandi rischi. È la sua missione. Nel XIV secolo la sua promessa (polizza) innovò la solidarietà mutualistica, fragile e incerta perché a ripartizione, con una solidarietà impersonale e con impegni formali garantiti. Liberò i coraggiosi. Consentì loro di trafficare con l’islam ed esplorare gli oceani. Oggi l’Assicuratore può liberare i creativi imprenditivi, responsabili verso la società di grandi rischi che devono essere mitigati e misurati. Un ruolo chiave, chiamato ancor più a innovare (Servizi 4.0), e che necessita di ampi margini di profitto, per la ragione di cui diceva il compianto Giovannino Agnelli: per investire. Nello specifico: per agire ex ante, misurare avanti; per anticipare il Rischio ignoto. Scusate se insistiamo.

 Negli anni passati s’è troppo spremuto (da parte di tutti, compresi gli intermediari) il limone della polizza, senza badare a innovazioni di Servizio che interessano tutti. Ora, in molti casi il trasferimento assicurativo è da rendere obbligatorio. Il perché è intuibile, con un esempio. Se vuoi perforare il Polo Nord in cerca di petrolio, ti devi assicurare. E, se nessuno ti vuole assicurare, lascia perdere! È successo.

 L’intreccio tra Ritenzione e Trasferimento assicurativo può creare subito il fondo necessario per partire con la tutela dei rischi catastrofali (ignoti) tipo il lockdown del Covid-19. È solo un esempio ed è bene valutarlo in sede europea: se su tutte le assicurazioni si ponesse una franchigia di 100 euro, potremmo subito avere dagli Assicuratori (con impegni in materia di Prevenzione che convincano loro e i cittadini) un fondo di 4 miliardi per tutelarci nella prossima catastrofe da Rischio ignoto. Equivale a uno sconto tecnico del 10% sui premi incassati (nel 2019, 40 miliardi nei Rami Danni, di cui 14 nei Rami Auto).

 Le cifre si moltiplicano per 10 in ottica europea. Se poi i decisori politici volessero tener conto del ruolo chiave di investitori istituzionali di lungo periodo degli Assicuratori, diciamo che i miliardi teorici disponibili sono mille in Italia e 10 mila in Europa. L’UE, infatti, con Solvency II ha impegnato gli Assicuratori (ampiamente disponibili) a fare “investimenti infrastrutturali prospettici”, materiali e sociali. A garanzia dei bilanci, in primis: chi non lo fa, può essere accusato di gestire male la compagnia. Un circolo virtuoso. A riprova che il problema in Occidente non sono i soldi ma le persone (donne e uomini) e i progetti.



La polizza del Rischio ignoto (la promessa garantita dallo Stato) deve, ovviamente, comprendere tutti i rischi – all risk – tranne chiare esclusioni, a prescindere dal tipo di danno o perdita (o mancato guadagno) procurati. Non può essere il consueto elenco di rischi e di danni prima assicurati e poi esclusi, che di fatto esclude il Rischio ignoto. E poi va chiarito che i momenti della polizza (da definirsi in Europa) sono tre: 1° prevenzione dei danni (il solo modo per sentire, avere confidenza, misurare il rischio, l’ombra delle attività), 2° copertura assicurativa e 3° procedura peritale di garanzia (a prova di furbo) in caso di danno. Non è poco, e vale la pena parlarne e provarci.



Francesco Bizzotto e Ferruccio Rito