CGIL. IL
CUORE OLTRE …
Come si
rappresenta oggi il lavoro? Non commettere l’errore di separare impresa e
lavoratori.
Candido
Marco Bentivogli e Carlo Bonomi per unire, passare alla Qualità, attrarre
Investimenti
L’impressione? Landini
segretario e Colla vice è il presente al passato, il non decidersi per il
futuro. La Cgil, perso il treno della Democrazia economica alla tedesca (poco
male), fa un importante appello all’unità sindacale. Ma, il lamento politico è
un canto stonato: sei tagliato fuori quando sei debole, e i sindacati lo sono
da decenni. Non a caso, dove c’era margine, sono cresciuti i profitti e molto
diminuiti gli stipendi. E i giovani? E il ruolo del lavoro? Non esiste. Si alza
il rischio che salti la baracca. C’è un responsabile? Sì. Guarda caso, è il
maggior danneggiato dalla debolezza sindacale: l’impresa. L’errore strategico
di Confindustria (la chiusura nelle relazioni aziendali) ha infragilito il
sistema economico. Non ha guardato oltre il naso; ha fatto conto sul lavoro
umiliato, a basso costo (e pure sul finto nazionalista che dice di non vedere
l’orso, in alto a destra). Intanto l’imprenditore medio fatica ed è bravo a
trovare, formare, soddisfare e tenersi i lavoratori attivi e creativi.
Che è quel che conta.
Perché l’impresa (il libero mercato) è impegnata in una svolta epocale:
dall’ottica individuale (liberale) a quella della rete (della filiera) che
tiene insieme e articola, governa e riconosce attori diversi. Il lavoro –
quello che rimane, che non passa alla macchina – non è più “manodopera”
esecutiva, ma intelligenza riflessiva, che cura relazioni lunghe, complesse e nuove
(con l’intelligenza artificiale e fino in capo al mondo), ed è a caccia
d’innovazioni: le anticipa, le sente arrivare, le crea e se le gode; le
contempla. È il lavoro (dipendente e autonomo) che c’è e che serve per
competere: chiede e offre qualità, cura, forma istituzionale e fiducia. Carlo
Bonomi (presidente di Assolombarda, l'associazione delle imprese di Milano,
Lodi, Monza e Brianza: 4° pil in Europa dopo Madrid, Londra e Parigi) l’ha
detta così: Milano va grazie a competenze diffuse, all’impegno e alla passione;
dobbiamo “costruire dal basso nuova fiducia. Promuovere i nostri giovani”.
Perché è giusto e per sopravvivere. Ha detto infatti Mario Deaglio (23°
Rapporto sull’Economia globale e l’Italia): “L’economia globale sta
rallentando (…). L’unica soluzione che sta prendendo corpo è la sostenibilità” (delle
relazioni ambientali e sociali, dico io). L’imprenditore, da solo, non ce la
fa. Nessuno stia a guardare.
La Cgil, allora? Bene il
duo Landini e Colla se le politiche a cui pensano (Landini: dirompenti e
rivendicative in alto; Colla: dialoganti e collaborative in basso, nell’impresa
– ma, nel congresso se n’è parlato?) si confrontano apertamente; si verificano.
E se la ritrovata spinta all’unità sindacale non è la scialuppa di salvataggio
di un ceto, ma mira a un’unità larga: un organismo direttivo unitario (per le
grandi questioni) aperto a tutte le rappresentanze del lavoro (dipendente e
autonomo), e un volto, una voce unitaria del sindacalismo italiano. Io candido
Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl. Il suo slogan? Promuovere
il lavoro e trattare. A tutele e paternalismi si perde tutti.
Ora esagero. Un Sindacato
dei Lavori vedrebbe bene che l’antagonismo (il conflitto relazionale, la
contrapposizione di ruolo) non va più, è fuori stagione; che è tempo di
conflitti di merito, che salvino sempre la relazione e la dignità personale. La
decisione più bella, allora, che sindacati e associazioni d’impresa potrebbero
/ dovrebbero prendere è gettare il cuore oltre …: fare una struttura di ricerca
e rappresentanza alta delle forze sia di impresa sia di lavoro, per elaborare
idee e proposte di governo dell’economia (come passare al paradigma della
Qualità? Come attrarre Investimenti?) e darle un’espressione unitaria (volto e
voce). Anche qui c’è una persona che ha visione e che stimo capace: il citato
presidente di Assolombarda Carlo Bonomi. Potrebbe un Governo fare il nesci?
“Una
società può progredire in complessità solo se progredisce in solidarietà” (Edgar
Morin, Il paradigma perduto, Feltrinelli, ’99).
Francesco Bizzotto