lunedì 27 agosto 2018

IL RISCHIO L'ASPETTO CHIAVE




LA SINISTRA? SI RIPENSI



Ho una simpatia per Ernesto Galli della Loggia, editorialista del Corriere della sera. Va al sodo; non teme di esporsi. Il 30 luglio scorso invita la Sinistra – “perduto il suo antico retroterra identitario” – a darsene uno nuovo e “rompere la gabbia di ferro” in cui si muove la Politica, “limitata drasticamente dai vincoli dell’economia e della finanza globalizzate”. Come? Orientandosi a conservare “nel senso di arginare il progresso (…,) condizionare la modernità (…,) selezionarne per quanto possibile gli esiti. (…) Un’identità politica alternativa al dominio distruttivo della modernità.”

E l’11 agosto rincara: “La Sinistra non riesce neppure a pensare che la tecno-scienza e le ragioni del capitale – per giunta una volta che l’epicentro dell’una e dell’altro si disloca in aree geopolitiche non occidentali – possono perdere quello che a lungo è stato il loro antico carattere di veicoli di un futuro migliore. (…) Ma questo è il tempo in cui, se si vuole pensare, bisogna forse essere capaci di pensare l’impensabile.”

Porterò pezze d’appoggio a questa proposta e dirò che per rompere la gabbia di ferro occorre riconoscerne le ragioni, darsi una regolata, discutere a fondo.

Conservare valori e tradizioni, arginare il progresso, impedirne il dominio distruttivo: è una condizione di equilibrio da recuperare, una priorità. È di Sinistra? Sì. È attenzione alle relazioni e alla giustizia. Ce n’è una versione di Destra che stimola e valorizza le iniziative dei singoli. Possono concorrere per la tenuta sociale e ambientale.

Ma, valori e tradizioni vanno e vengono. Riflettiamo. I rapporti di coppia e la famiglia, ad esempio, stanno perdendo (e meno male!) valori intrisi di violenza e dominio. Vanno sostituiti con una cultura del dialogo (l’opinione come dono). Non arriverà da sola. Che idea abbiamo di conflitto? È antagonismo (Freud: "opposizione insanabile di due realtà contrarie"), oppure comprensione (Jung: "dinamica di un'unica realtà contraddittoria e vitale")? (Silvia Montefoschi in C. G. Jung, un pensiero in divenire, Garzanti, ‘85, p. 191).

Arginare il progresso? Non piace agli scienziati. Eppure, mentre crescono le Possibilità, urgono capacità di Gestirne i Rischi, per una sicurezza attiva (Safety, Bauman) a cui non siamo abituati: noi balziamo sugli scopi (Bergson) e trascuriamo il percorso, i processi. Abbiamo mitizzato i fini (Machiavelli) e trascurato i mezzi, le relazioni. Vince chi fa il risultato, l’obiettivo, il successo materiale (con qualunque mezzo). È stato scalzato il percorso, il lavoro fatto bene, i mezzi buoni, la fatica. Non c’è stata partita, anche per un ritardo delle religioni (cardinale Martini). Vi sembra poca cosa?

È il Rischio l’aspetto chiave: lo consideriamo separato dalle Possibilità e senza limiti. Pura follia. Hans Jonas ha detto: solo un disastro ci fermerà. Come anticiparlo? Ad esempio: chi presenta progetti, vi comprenda un corposo sistema di Gestione dei Rischi completo di Prevenzione e Assicurazione. Manca l’Assicurazione? Il progetto non ha seguito. Viene impedito. Come l’idea di perforare il Polo Nord, accantonata (meno male) dopo che è stata negata, dai Lloyd’s, la polizza. Dovremmo distinguere (Luhmann) tra Rischi (misurabili, gestibili), Pericoli (opachi, non gestibili) e Azzardi (eccesso, tracotanza, roulette). Dunque, si può arginare il progresso (rinsavire) rivalutando il Rischio, trascurato da Destra e da Sinistra.

Economia e finanza formano una gabbia di ferro? Ho detto: capirne le ragioni. I mercati fiutano gli eccessi (azzardi); quando non si fidano di politiche a debito e senza prospettive di rientro, denunciano chi vive al di sopra dei propri mezzi e chiama disastri.

Cosa può fare Milano? Ha 134 Municipi, uno ogni 3 chilometri, e la PA lamenta di non avere risorse. Dovrebbe dire: facciamo un progetto di auto riforma (ruolo e servizi). Oggi strutture e macchine possono gestire 30 volte più di 30 anni fa. Accorpiamo enti e servizi, asciughiamoli – senza licenziare – e dilatiamoli verso nuove utilità: per famiglie in difficoltà e aziende che non sanno di avere fornitori e clienti a un tiro di schioppo. La domanda è di Sportelli unici di competenze (risolvere i problemi). Un tale progetto – che riduce sprechi e corruzione, fa risparmiare e crea valore per famiglie e imprese – otterrebbe un giusto credito dai mercati.

Non basta. La Politica cammina sulle gambe dei Partiti, che hanno un problema con la Costituzione. È insensato che chiunque ha o una tradizione o soldi o uno straccio di idea o humour da vendere possa scendere in campo senza regole (finanziamenti, organizzazione, selezione, contendibilità, bilancio). È una precondizione. Vale molto più per la Destra.

C’è dell’altro su cui il far Politica deve andare in chiaro: penso alla pratica della Democrazia, della Rappresentanza; quella diretta non va (è manipolatoria), ma la delega in bianco con passerelle e talk show? Vale per tutti. Ne parlerò un’altra volta.

Francesco Bizzotto

giovedì 2 agosto 2018

PUNTO HR 2018!


"ABILISSIMI”


"PUNTO HR 2018!"a cura di Sergio Carbone e Angelo Pasquarella è il testo a più mani presentato a Milano l'altro giorno, il 26 luglio, nella sala Falk di Assolombarda.

Ci è voluto del coraggio ad affrontare un tema così caldo (la risorsa umana e le sue relazioni "nell'era della digital transformation") in una data e con un clima così come è a Milano.

Nel testo c'è uno sguardo ampio sulle attività in generale e su quelle assicurative in particolare. Nel nostro Paese e soprattutto fuori, per imparare. Un libro da leggere.



Il tema delle Risorse umane è sì al centro delle discussioni, ma guardato male (come fatica, schiavitù, vincolo o come laccio e costo); sempre come se il lavoro fosse "merce" fredda, indifferente.

Grandissima questione affrontata troppo spesso con approcci negativi, statici o difensivi e protettivi; che separano il lavoro, le competenze, dall'impresa e dalla vita. Soprattutto separano il lavoro personale dalle sue complesse Relazioni e dai contributi propositivi / creativi / innovativi che nei fatti porta con sè. Relazioni e contributi che - a dir poco trascurati nel dibattito, rimasti in ombra - non consentono di vedere l'altro aspetto emergenziale del tema, di cui dirò: i nuovi Rischi implicati, forieri di grandi opportunità / vantaggi & di altrettanto grandi danni, fino alla catastrofe, se non gestiti. Un esempio? Il Cyber risk, che prende forma al 50% dentro le imprese, per comportamenti poco attenti e consapevoli e non solo.



Bene. Il testo presentato è una piacevole eccezione. Parla di Risorse umane con approccio positivo e attivo, aperto al mondo e alla tecnologia, capace di intrecciare umanità, etica, velocità e produttività. Dice: c'è speranza! Se il Capitale umano e le sue Relazioni (con se stesso, l'altro vicino e lontano, l'esterno, il cliente, e le macchine, i sistemi, le cose, i servizi) vengono posti al centro, curati, interrogati e ascoltati, valorizzati, ingaggiati, formati, motivati e disciplinati ... Allora ci può essere fiducia nell'epoca digitale; allora tutto può funzionare e bene; essere bene. Diversamente, senza le donne e gli uomini o contro di loro (precarietà, esclusione) il sistema non funziona. Non può funzionare. Si tratta di trovare un nuovo equilibrio di partecipazione, riconoscimento e responsabilità (imprenditività). Innanzitutto cercarlo.



Molti i contributi specialistici, a volte sorprendenti, sempre interessanti. Il mantra: non c'è innovazione tecnologica se non intrecciata alla crescita (e innovazione) delle Relazioni d'impresa. Cambia l'impresa? Cambiano anche la donna e l'uomo. Perchè la Relazione è al centro? Perchè è decisivo lavorare in Team, in Gruppo; una sfida grandiosa alla logica piramidale, quella del comando, ovunque in crisi nera. La logica nuova? La Rete, con i suoi nodi di competenza, le sue autonomie (piccole o grandi) e i tratti di tenuta, di sistema, che sono appunto le Relazioni. Se anche solo un tratto cede ... I pesci scappano.



Così, alle nuove fabbriche servono "persone", protagonisti attivi del progetto aziendale. Non certo manodopera "presentista" (la forma italiana dell'assenteismo, si è detto). Persone chiamate a essere interpreti, a dare forma a ogni passo dell'innovazione dando il meglio di sè. Ecco, poter dare il meglio di sè è bello, giusto e necessario. Serve una certa armonia relazionale. E se non c'è? Io dico: si cambia.



Il libro è da leggere, anche se tutti andiamo a caccia di bigini. Dico solo del bel contributo di Riccardo Billi sull'inserimento lavorativo dei portatori di handicap. Dimostra con un caso concreto che la materia può essere gestita non come vincolo ma come un bel rischio (una bella occasione / una chance). Siamo tutti limitati e "Abilissimi!" (titolo del contributo) ed è facile essere sorpresi dalle capacità creative e semplificanti dei "diversamente abili". Vale per tutti. Infatti, saldare le doti del 17enne e del 60enne è stato un altro mantra dell'incontro. Ma, qui mi fermo e faccio due personali osservazioni:



1°. Occorre affrontare il tema della istituzionalizzazione delle nuove relazioni d'impresa compatibili nel tempo di Industry 4.0. Un modo che liberi l'imprenditore e il lavoratore (entrambi) dai vincoli del '900 e dai rischi che sappiamo. Portiamo le tutele (per tutti) nel Territorio con Agenzie del lavoro partecipate (dalle parti sociali, da specialisti privati e anche dall'Assicuratore, ho sostenuto altrove) e lasciamo in azienda solo il conflitto di merito, necessario e molto produttivo. Darà vita a un nuovo "concorrere". Agenzie del lavoro (dipendente e autonomo) orientate ad anticipare i problemi (le crisi produttive e di relazione) e quindi che mirino - con l'accompagnamento e il dialogo - a mettere il lavoratore giusto con l'imprenditore giusto. Che facciano Mobilità, finalmente, con le Politiche attive da noi rimaste al palo: la Fornero le aveva "rinviate di 6 mesi", mentre il Jobs act le prevede (e ha istituito l'Agenzia nazionale) ma sono di competenza regionale. Campa cavallo. Vince (perchè a troppi conviene) l'assistenza. Qui la Germania fa 20 volte più di noi. Uno scandalo, come il lavoro precario senza chance di poter crescere, misurarsi, rischiare, cambiare. Il problema del lavoro non sono i rider, i voucher, i lavoretti ma l'assenza di condizioni di Mobilità (cioè di concorrenza, di Politiche attive).



2°. Deve crescere il Risk management. Esigenza sotto traccia in tutto il testo. Ho accennato al Cyber risk, paradigma della Gestione dei rischi necessaria con Industry 4.0: quella predittiva, anche qui anticipatrice dei problemi (dei sinistri). Il Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali (GDPR 679/17) mira ad arginare questo rischio. Entrerà in vigore il prossimo 21.08, abbiamo letto. L'Autorità sta definendo il Regolamento di attuazione. Potrebbe affermare che chi paga Riscatti commette reato e che la Colpa grave equivale al Dolo. Il messaggio sarebbe: il rischio va gestito e ridotto; non si può lavorare male (essere formali, non sostanziali) e assicurarsi. Vedremo. In generale l'innovazione digitale e il ruolo nuovo del sistema macchine - uomini / donne (in Relazione, in Rete) impongono un ripensamento della Gestione dei rischi. Va immaginata e attuata molto di più in termini informativi e formativi, processuali e relazionali, qualitativi ed etici. Se non si pone al centro la Risorsa umana la "digital transformation" s'incarta, dice questo testo. Aggiungo: si alzerà di molto la possibilità che produca gravi danni. Riflettiamo: scivoleremo sempre più dall'aver a che fare con Rischi (probabilità: misurate, gestibili, assicurabili) all'aver a che fare con Pericoli (fuori misura, fuori controllo, opachi, di cui poco sappiamo, dice Niklas Luhmann) e quindi con Azzardi (eccesso, arroganza, Cigni neri, disastri).



La digitalizzazione promette bene. Può essere di certo un bel Rischio. Speriamo che lo sia (che lo diventi), che non finisca a Pericoli e Azzardi.



Francesco BIZZOTTO