mercoledì 25 aprile 2018

OSARE, INNOVARE, MANIFESTARE IL FUTURO


GIOVANI E FUTURO



Il futuro è incerto; molte le possibilità e i pericoli. Farne dei Rischi: probabilità soggettive & relazionali, gestibili, sostenibili. Recuperare liricità e libertà; dare spazio a chi ha interesse alla Prevenzione



 “Il futuro – promessa è diventato futuro – minaccia” dice Miguel Benasayag in L’epoca delle passioni tristi (Feltrinelli, 04, p. 40). E Umberto Galimberti (30.03.’18 - Colloquia 10.0) ne trae che il futuro è imprevedibile e quindi “non retroagisce come motivazione” sui giovani. Il problema, mi pare, è di adulti e Istituzioni, che pensano a una crescita quantitativa senza limiti e chiudono gli occhi sulla minacciosa prospettiva. Il futuro merita l’impegno dei giovani proprio perché è imprevedibile e incerto – non è una promessa. La perdita di fiducia dei giovani è nei confronti dei creduloni adulti, il cui futuro è minaccioso. Infatti, dice Benasayag (p. 42): “Occorre che gli adulti considerino il futuro e ciò che deve essere costruito come qualcosa di positivo e desiderabile”. E conclude: “La configurazione del futuro dipende in buona parte da ciò che sapremo fare nel presente” (p.22). Fare cosa?

Smascherare la folle illusione (Politica) della crescita senza limiti, ovvero senza gestire i Rischi insiti nelle Possibilità. Promesse per il futuro non ne esistono. Scienza e tecnica aprono potenziali incerti perché “tutto ciò che è in potenza è in potenza gli opposti” (Aristotele). Non si tratta di Possibilità (positivo) e Rischio (negativo), come siamo soliti dire, fare, separare. L’incertezza è interna alla Possibilità, e dire Rischio implica avere già misurato l’evento atteso (è una probabilità). Dovremmo pensare per immagini. Ci serve un ideogramma che contenga gli opposti: la Possibilità / Pericolo da esplorare e valutare; da gestire e ridurre a Rischio. In questo, Aristotele non ci aiuta: bada alla sostanza più che alle relazioni processuali (ai Rischi). Noi siamo soggetti responsabili in cammino. Non c’è realtà senza relazione, senza Rischio. Una difficile messa a punto, forse per un limite dell’intelligenza. Infatti

“È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto. […] L’intelligenza rappresenta dunque alla attività solo degli scopi da raggiungere, ovvero dei punti di stasi. E, di scopo raggiunto in scopo raggiunto, di stasi in stasi, la nostra attività si sposta attraverso una serie di salti, durante i quali la nostra coscienza si distoglie il più possibile dal movimento che si compie per conservare soltanto l’immagine anticipata del movimento compiuto. Henri Bergson, L'evoluzione creatrice (1941), Cortina ‘02, p. 244 e successive.

Un limite da spavento. Come lavorarci sopra per crescere e tenere insieme i due lati della Possibilità (il vantaggio atteso e il danno temuto, il pericolo implicato, da trasformare in Rischio misurato e quindi agibile, processabile con relativo successo)? Invito i Giovani a svolgere il tema; a ribaltare i paradigmi. Papa Francesco offre molti spunti. Faccio due vertiginosi accenni:

1° Impariamo (affermiamo) il valore del concentrarsi sulle possibilità: riflettere a fondo, darsi tempo e limiti, fare dialogo e pause, rallentare per vedere bene, soppesare, prepararsi e agire con delicatezza e appropriatezza (la Giusta Misura Métrion degli antichi Greci), entrare nei processi (azioni, percorsi) con piedi leggeri, spirito artistico, cuore poetico. Ovvero, recuperare l’agire lirico e libero (spirituale?) dei padri del deserto (e di beghine e begardi) cristiani, dei sufi musulmani, dei dervisci, dei taoisti, dei buddisti impegnati alla Thich Nhat Hanh, dei mistici dell’ebraismo (qabbālāh), dei nativi americani. Vito Mancuso ci può dire. Un po’ come ha fatto Stoccarda quando ha deciso per il passante ferroviario. Un modo, una forma che predispone al Risk management; a Gestire bene le Possibilità & i pericoli; farne Rischi belli, che meritano.

E, 2°, diamo spazio al soggetto di mercato che tratta i pericoli e ha interesse a ridurli a Rischi (oggi per via di Prevenzione, perché la Statistica è collassata): l’Assicuratore prefigurato dall’Europa – Solvency II – e da Bianca Maria Farina, coraggiosa presidente dell’Associazione delle compagnie italiane - Ania. Sì. Osare, innovare, manifestare il futuro.

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“Per i Greci era fondamentale conoscere se stessi e avere il senso del limite. E non oltrepassarlo, pena la rovina. Esprimi la tua virtù in Giusta Misura. E conoscine il limite. L’Occidente? Ha una cultura dell’illimitato.” U. Galimberti, intervista a Radio Soul, 09.04.’16



Francesco Bizzotto

lunedì 23 aprile 2018

ASSICURARE IL LAVORO E IL FUTURO DEI GIOVANI


LAVORETTI



Vederne il lato in fiore. Fare un Test di accompagnamento “assicurato”: uno Sportello (pubblico e partecipato) di tutela territoriale. Spingerà i giovani a osare, scoprire, rischiare



La gig economy, l’economia dei piccoli giri o lavoretti, si fonda sui servizi prenotabili online (consegne o logistica). Veloci fattorini e corrieri ne sono il punto di forza. Esternalizza il lavoro di trasporto e consegna; crea piattaforme d’incontro tra ristoranti (e altri servizi) e cittadini. In genere non fornisce i veicoli per il trasporto e non crea rapporti di lavoro diretti tra aziende e fattorini o autisti. Questi sono autonomi, e si autogestiscono. I costi aziendali sono bassi, flessibili al massimo; la strategia di sviluppo è libera e sciolta. L’azienda corrisponde salari con pagamenti a ore o a cottimo, senza ferie retribuite, malattia o altri benefit. Poche regole, niente contratto.

Può non essere precariato, condizione spesso reale. È uno sviluppo atteso e utile dei servizi urbani specifici, e merita di essere un lavoro da coraggiosi, iniziale, con prospettive di crescita, verso un altro lavoro dipendente o autonomo. Può anche essere una scelta di vita (ci si gode la città), ma in genere è un rimedio, un meritevole adattarsi. Chapeau a chi vi si impegna.

Mi propongo di affermare, in una nicchia tipica, che è possibile non essere lasciati soli; che, nella massima flessibilità, la dignità del lavoro viene rispettata e trova una salvaguardia sociale; che, se è un inizio provvisorio di attività, non proprio scelto, così sarà, avrà sostegni e prospettive che meritano; all’altezza del coraggio messo in campo.

Questa salvaguardia incentiverà i giovani a provarci, a misurarsi, a rischiare, a inventare lavoretti. Con vantaggi per tutti. Immaginate il risparmio, se potessimo sostituire i numerosissimi, costosissimi e pressoché vuoti autobus pubblici che corrono per il Contado di Milano (134 Comuni) con un efficiente servizio tipo “taxi condiviso 2.0” (una navetta che percorre tratte fisse da prenotare tramite un tocco sullo smartphone). È la scelta del Dubai Future Accelerator. Cifre da capogiro: Dubai le investe, noi le sprechiamo in disservizi.

Concretamente: parliamone con l’AFOL milanese, l’Agenzia Metropolitana per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro, che ha messo a sistema un pezzo di storia della Milano che accoglie e promuove. Predisponiamo con Regione Lombardia un progetto di Test da presentare all’Europa (lo finanzierà): accompagnare questo nuovo lavoro – come faceva don Bosco nell’800 – e farne un prezioso marketing sociale, con uno Sportello dedicato che lo sostenga, che faciliti il dialogo tra Domanda e Offerta (aziende e prestatori d’opera) e che gestisca, anticipi i problemi tecnici e relazionali. Un Test di contratto di lavoro o regola sociale; uno Sportello pubblico partecipato da tutte le parti, con servizi di formazione specifica o mirata, anche a crescere, fare meglio o cambiare, volare alto, se l’aspirazione, l’immaginazione e la volontà sostengono il giovane interessato.

Un lavoro accompagnato che immagino “assicurato”. Il rischio specifico è misurabile. L’Assicuratore, tipico cavaliere bianco interessato a non avere “sinistri”, può prender parte alla gestione dello Sportello e mettere in campo particolari servizi, varie garanzie di tutela (malattia, maternità - paternità, disoccupazione). Per lui, sarebbe un modo utile e bello d’interpretare la direttiva europea Solvency II, che lo invita a investire per ridurre i rischi di prospettiva e rendere più sicuri i Bilanci (e minori i capitali di garanzia da tenere fermi). Assicurare il Lavoro e il Futuro dei Giovani è il modo migliore per fare i suoi interessi e insieme quelli del Paese.

Lavoretti: tipica periferia di Milano. Il Sindaco Sala ne faccia una priorità e una bandiera.

Francesco Bizzotto 

mercoledì 18 aprile 2018

ASSICURIAMO LA MOBILITA’


CARI PROFESSORI



Jobs act: mano alla Politica!

Il lavoro come fattore di concorrenza tra imprese. 



Pietro Ichino, Pietro Garibaldi, Tito Boeri, Tommaso Nannicini: l’impegno in Politica dei professori fa loro onore; la sanno lunga; hanno visione e passione per la cosa pubblica; nei loro profili trovi scintille di skill (“Ha lavorato come economista nel Dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale”). Tipici cooptati, nelle scelte politiche (pesi, priorità, motivazioni, equilibri) vengono mandati avanti e lasciati soli. La Politica è cosa particolare, sottile vertice interdisciplinare (oltre che della carità, diceva Paolo VI). E i prof sono spesso piagati dal “virtuosismo matematico” e poco inclini a “riconoscere l’importanza delle variabili psicologiche nei fenomeni economici” (Herbert Simon).

Il Jobs act per esempio. I prof dicono cose vere e insistono, dopo il patatrac elettorale: Renzi (bene: l’occupazione) e Camusso (male: la licenziabilità)? “Sappiamo oggi in modo scientifico che avevano ragione entrambi”, dicono Tito Boeri e Pietro Garibaldi su lavoce.info (articolo riportato da questa News la scorsa settimana). È troppo. Con il Jobs act – in sostanza: decontribuzione fiscale e contratto a tutele crescenti, senza l’art. 18, per i nuovi – si è alzato di quasi il 20% il numero di imprese con oltre 15 dipendenti; sono cresciute le tutele per gli esclusi dal lavoro stabile e l’occupazione (800mila posti); è aumentata la flessibilità del lavoro (fermi i licenziamenti all’1,4%); si è creata l’Agenzia nazionale per le Politiche attive ANPAL, che sta convincendo le Camere di commercio (le imprese) a fare chiarezza sulla Domanda di lavoro, per orientare famiglie e scuole e per formare a quel che serve; si è ridotta la conflittualità in azienda del 70%.

Ora, come nel Gioco dell’oca, si torna daccapo: M5S e Lega parlano con Camusso e pensano di reintrodurre l’art. 18 (il diritto al reintegro in azienda del lavoratore licenziato senza una giusta causa). Dico che una Politica coraggiosa (Matteo Salvini e Beppe Grillo per primi, non solo il Pd sconfitto) farebbe bene a riflettere su pregi e limiti del Jobs act, e su cosa serve al sistema economico (imprese e lavoratori).

Serve un approccio positivo, non solo reattivo, negativo, di rimessa, perdente per definizione; un approccio che non valga solo per disoccupati, espulsi e malmessi. Farsi carico di proposte di civile convivenza. La Crocerossa poi costerà molto meno.

Puntiamo a Politiche di Mobilità per tutti (il 68% è insoddisfatto), per mettere il lavoratore giusto con l’imprenditore giusto; che possano scegliersi e impegnarsi, creare, innovare, farsi apprezzare. E il conflitto? Solo di merito, per fare bene: concorrere, misurarsi. Cresce ed è grande l’imprenditore che regge questa concorrenza! Si tratta di passare (Marco Bentivogli) da ottiche di protezione (del lavoro) a ottiche di promozione. La Sinistra accetti la concorrenza tra lavoratori (tabù e terrore dei vetero marxisti) e rilanci: il lavoro come fattore di concorrenza tra imprese. E il conflitto di relazione? Lo portiamo fuori dall’azienda, nel territorio. Ha detto a Il Sole 24 Ore dell’11 cm. Federico Visentin, presidente della Mevis (leader nei componenti metallici): “Quando una relazione si viene a rompere è sempre un fallimento. Ma come si può pretendere che in quella situazione ci possa venire imposto di continuare a convivere?” Ha ragione da vendere.

Manca l’Istituzione che porti il problema sul territorio (i Centri per l’impiego riformati, partecipati e potenziati) e faccia quel che abbiamo sempre rinviato: le Politiche attive.

E le tutele? Innoviamo! Ad esempio, “assicuriamo” il lavoro con 3 garanzie: continuità del reddito, formazione mirata e ricerca d’impiego. Si può agire bene per questa via. Chiamare l’Assicuratore significa mettere in campo un soggetto economico che faccia, in

una logica di mercato, da Cavaliere bianco: non guadagna sui disoccupati ma, al contrario, se ci sono pochi e piccoli “sinistri”. Il suo ruolo? Rendere misurati i rischi specifici attivandosi in diverse direzioni: soprattutto per anticipare i problemi e prevenire i licenziamenti, le crisi aziendali. Ridurrà il rischio e renderà compatibile il Reddito di cittadinanza o di inclusione. E le imprese saranno ancor più libere e imbattibili sui mercati.

Ci aiutino i professori a fare un test lombardo in un contesto di accordo europeo.

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RISORSE COMUNI. L'idea chiave di Elinor Ostrom (1933 - 2012, prima donna Nobel per l'economia ‘09: "Governare i beni collettivi", Marsilio, '06) è la "adattabilità istituzionale come prerequisito per la sopravvivenza e il successo nell'assicurare l'uso di risorse comuni nel lungo periodo" (A. Ristuccia, Introduzione, p. XVII). Una "alternativa empirica (per il governo delle realtà sociali complesse) basata sulla valorizzazione delle istituzioni collettive (e, dunque, né 'pubbliche' né 'private', nel senso voluto dall'armamentario ideologico dei sostenitori dello 'stato' e del 'mercato'), costruite in maniera incrementale, per tentativi ed errori, da attori pubblici e privati", in base a scelte strategiche condivise. (G. Vetritto e F. Velo, p. XXIX). Verso "nuovi paradigmi di processi decisionali inclusivi" (Idem, p. XXXI). Con l’obiettivo di "cercare di risolvere i problemi comuni per migliorare nel tempo la propria produttività" (Ostrom, p. 44), per evitare la "tragedia dei beni collettivi" (Garrett Hardin, Science, 1968, citato a p. 44). Già Aristotele diceva: "Ciò che è comune alla massima quantità di individui riceve la minima cura. Ognuno pensa principalmente a se stesso, e quasi per nulla all'interesse comune" (Politico, libro II, cap. 3, citato a p. 13).

“Gli strumenti dell’econometria contemporanea sono assolutamente inadeguati (…). Gli economisti, anche quelli a orientamento empirico, non possono più ripararsi dal mondo dietro cumuli di dati statistici, dati che spesso hanno un elevato contenuto di rumore e sono scarsamente pertinenti. Dovranno avventurarsi nel mondo, come gli antropologi che imparano la lingua degli indigeni.” Herbert A. Simon, Premio Nobel per l’economia 1978, Scienza economica e comportamento umano, Edizioni di Comunità, ‘00, p. 57.

"Il vero problema di oggi non è premiare i meritevoli, ma portare il maggior numero di persone in condizione di realizzare il massimo delle loro potenzialità." Salvatore Natoli, filosofo - 1942. Il Sole 24 Ore, 18.02.'10.

Francesco Bizzotto


mercoledì 11 aprile 2018

AUTONOMIE LOCALI, DA LECCO UN ESEMPIO DA SEGUIRE


FEDERALISMO SANO, SENZA PRETESE



Jyrki Katainen, vicepresidente delle Ue, è il giovane falco dell’austerità. In una intervista a Francesca Basso (Corriere della sera, 7 c.m.) ha ribadito: per garantire una società del benessere occorre condurre una politica fiscale responsabile e avere conti pubblici sani, finanze pubbliche in salute. Chiaro. Anche quando mette insieme “economia circolare sostenibile”, crescita (a mezzo intelligenza artificiale) di produttività e occupazione, e commercio globale. Par di capire: la crescita ha bisogno di differenze tra settori e territori; il Nord Italia, ad esempio, deve crescere in valore (avere cura, innovare) e de-crescere in termini quantitativi in molti campi. Così, il sistema non è sostenibile. Va detto. E deve gestire meglio i rischi e qualificare infrastrutture e Istituzioni: riorganizzarsi, fare grandi investimenti, aumentare la partecipazione e la trasparenza, ritrovare la PA (ruolo, efficacia ed efficienza), e ridurre la prassi isolante del dire generico, non vedere e non sapere.

Il limite della Politica europea? Di motivazioni e puntuali indicazioni. Così, troppi Paesi tacciono sul debito, non mandano segnali (ai creditori) che diminuirà e non innovano il sistema (Draghi: riforme strutturali). Come schiodare l’impostazione di spesa pubblica? Serve un Federalismo senza pretese, dal basso, concreto: agire in modo giusto e tenere gli occhi aperti. L’autonomia (la libertà) esce solo dal prender parte responsabile. Un esempio? L’iniziativa della lista civica Appello per Lecco, di cui Municipalità Metropolitane ha dato conto: si fondono 13 Comuni, si dà vita a una città di 108mila abitanti, si riorganizza la PA locale, si risparmia e si hanno contributi dalla legge 142 (Fusioni tra Comuni) e da quella di stabilità 2014. Lecco così si riposiziona, governa meglio le sue storiche realtà e coglie appieno i benefici del flusso turistico che sta montando.

I risparmi di spesa non sono la prima motivazione, anche se va detto che oggi, mentre la media italiana è di 7.595 abitanti per Comune (Appello per Lecco, pag. 33), i sistemi possono gestire 30 volte i volumi e i problemi di 30 anni fa. Gli 8.000 Comuni sono frutto di logiche divisive e di indebolimento, prima che di campanilismi (idem, pag. 25). È necessaria una sana e apprezzata PA locale. Vanno messi in evidenza i vantaggi di questo urgente processo di Federalismo dal basso. Provo a farlo. Io ho in mente Milano, con i suoi 134 Comuni: uno monstre, gli altri ogni 3 chilometri, a capire poco e non contare nulla. La Fusione tra Comuni è una priorità: la montagna alla portata delle nostre gambe. Vediamone alcuni modi, ragioni e vantaggi:

1. Governo di area vasta: una giusta visione delle vocazioni, delle possibilità e dei problemi; scelte lungimiranti e discussioni alla pari con gli enti paralleli e sovrastanti;

2. Cresce la fiducia e si attraggono idee e investimenti infrastrutturali e imprenditoriali;

3. Aumenta l’occupazione e ci sono risorse per le tutele, la ricerca, il non profit;

4. Il sistema pubblico (Istruzione, Giustizia, Salute, Camera di commercio) si qualifica;

5. La PA può organizzarsi per Lavorare in Gruppo, a partire dai Sindaci. Così, le tradizioni di rappresentanza e servizio locale rimangono e si rinnovano;

6. Si realizzano decisioni trasparenti e convincenti; sinergie di acquisto e spesa;

7. Cresce il ruolo della PA e delle Istituzioni locali, in particolare per la promozione delle Relazioni tra i soggetti del territorio (imprese, lavoro, professioni, giovani, donne);

8. La PA non licenzia. Anzi, assume esperti di relazioni, ricercatori, informatici, pianificatori urbanistici innovativi per il salto di qualità dei servizi;

9. Si rafforza il dialogo sociale, la partecipazione e l’evidenza del merito (il positivo concorrere che aumenta le chance di ciascuno ed è solidale, non lascia in difficoltà.



Francesco Bizzotto