martedì 18 luglio 2017

LA POSSIBILITA’, RISCHI E OPPORTUNITA'


 “FATTORI DI CONTORNO”



I “sorprendenti risultati dell’export” (Corriere, Dario Di Vico) spingono il PIL. E i “fattori di contorno”? Posti e relazioni di lavoro, salari e consumi, povertà e ambiente ristagnano. Esportiamo innovazione, qualità e bellezza. Sottovalutiamo il contesto. Non tanto l’occupazione: il lavoro merita e la tecnica gli sta aprendo uno status artistico, non più sacrificale. Ne prenderemo atto. Ma, se i salari e le relazioni sono inceppati, se la povertà e l’ambiente chissenefrega, allora il mercato interno si chiude, non respira, inquina e brucia i giovani, le donne, la creatività. Specie a Milano, nelle nostre città.

La qualità vince e noi siamo nel circolo malato della quantità. Siamo sui numeri, sul benessere materiale e personale, quello che spinge l’Africa alla crescita più a portata di mano: arriverà a 2,5 miliardi d’individui nel 2050, dagli attuali 1,22. Siamo figli del freddo diritto (romano) che regola, controlla e porta tutto all’eccesso, più che del senso (greco) della misura, dell’equilibrio, della sobrietà. Così, in ansia per il futuro, non riusciamo a rallentare, respirare, gioire. Né ad anticipare i problemi, quando abbiamo condizioni oggettive più che sufficienti. Hans Jonas riteneva che solo una catastrofe ci farà cambiare strada. Provo a riflettere (da Assicuratore) su un elemento che ci aiuti ad anticipare: la Possibilità.

È una cascata invadente, esagerata. In ogni ambito la ricerca seleziona Possibilità e informazioni; sceglie, rifiuta, rinuncia. Mentre il nostro comportamento economico è rimasto aggressivo, predatorio. Siamo ingordi di Possibilità e scordiamo che contiene sia il vantaggio che se ne può trarre (l’opportunità), sia le perdite e i danni in cui si può incappare. La Possibilità è un potenziale aperto: un Rischio. Richiede riflessione, misura, valutazione di probabilità. Ma la nostra intelligenza separa, è immediata e unilaterale. Lo fa in termini statici, sognanti. Dice bene Henri Bergson in L'evoluzione creatrice (1941, Ed. Cortina, ‘02, p. 244):

“È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto. […] L’intelligenza rappresenta dunque alla attività solo degli scopi da raggiungere, ovvero dei punti di stasi. […] La nostra coscienza si distoglie il più possibile dal movimento che si compie per conservare soltanto l’immagine anticipata del movimento compiuto.”

E adesso chiediamoci perché il Dlgs 231/01 (responsabilità – di fatto penale – di chi amministra) spaventi il 40% di chi intraprende; perché il Dlgs 81/08 (salute e sicurezza sul lavoro) legga il Rischio solo in negativo e sia vissuto come una fatica formale; perché il Dlgs 68/15 (delitto ambientale) turbi i sonni di molti; perché il regolamento europeo 679 sul Cyber risk – attacchi hacker – tolga il fiato a tutti (in vigore dal 25.05.’18, pare dica: chi paga riscatti commette reato; la colpa grave equivale al dolo; nessuno può più lavorare male, fare il furbo, e assicurarsi); perché la sentenza della Corte costituzionale 16601/17, che apre ai Danni punitivi, terrorizzi i grandi.

Non è questione di consapevolezza. Siamo lucidi e decisi ad accumulare e gestire vantaggi per la nostra tribù (con seguito di chiacchiere). Dopo, ci occupiamo male e di mala voglia del lato in ombra della Possibilità, il Rischio. Ecco, lo consideriamo un fattore di contorno. Se non curiamo questo virus (del saccheggio) e non rimediamo con dirittura di cuore all’errore di separare – ponendo al centro i processi, le relazioni responsabili, le Possibilità intese come Rischi – prepariamoci ai cigni neri delle catastrofi (economiche, ambientali e sociali).

Francesco BIZZOTTO