giovedì 28 dicembre 2017

ESERCIZIO D'IMMAGINAZIONE POLITICA


FAREI COME TRUMP 

Trump può esserci utile. Gli Usa riducono le tasse alle imprese e l’Europa deve pensare a come rendere competitive le sue economie, attrarre investimenti ed esportare prodotti e servizi. Alesina e Giavazzi, al solito, propongono: ridurre le tasse e aumentare la produttività. E siccome le tasse come si fa?, resta la produttività. Questa volta però non picchiano sul lavoro. Dicono: in molti comparti è alta (si tocca con mano), mentre nei servizi alle imprese e dove c’è lo zampino della PA è bassa. Vero. Come aumentare la produttività dei servizi e della PA? Penso ai servizi assicurativi e alle puntuali indicazioni dell’Europa e dell’Istituto di vigilanza IVASS: Gestire i rischi, fare Investimenti “prospettici”, Prevenire i danni. Lo dice anche il presidente Mattarella per le catastrofi naturali. Ma sono cose che faticano a farsi strada. E Alesina e Giavazzi? Tacciono sui servizi e propongono di privatizzare le imprese pubbliche. Semplicistico.

Se avessi 40anni, anziché quasi 70, tornerei a fare Politica e proporrei di fare come Trump, ma un po’ diverso. Mirerei al libero mercato che non c’è, con forti pubbliche Istituzioni che fanno la loro parte, come lucidamente auspica Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera del 18.12 u.s. Un mercato vero, responsabile e regolato leggero.

Mi porrei tre obiettivi: 1° rendere esteso, normale, vivace e concorrenziale il fare impresa; 2° mettere la PA al servizio del Paese e farla lavorare in gruppo (aprendo così una chiara e sufficiente prospettiva di riduzione della corruzione e del debito pubblico); 3° non lasciare nessuno in difficoltà. Avrei dal 60 al 70% del consenso. Farei così:

1. IMPRESA. Punterei tutto sull’attivarsi delle persone e delle imprese, su chi può far da sé, crescere ed esportare, e disegnerei una prospettiva di veloce riduzione delle tasse alle PMI, ai commercianti e ai professionisti – il 98% del lavoro autonomo –, con ampia esenzione fiscale per le Start up. Lavoro nero ed evasione scenderebbero alla metà senza colpo ferire. N.B. Se si fa ricerca e dibattito aperto esce questo: il futuro è del lavoro responsabile e creativo, in imprese e reti trasparenti. È il nostro punto di forza. Rafforziamolo! E la grande impresa? Non so. Ha un ruolo decisivo. Farei qualcosa; ne parlerei, la sosterrei.

2. PA AL SERVIZIO del Paese. Mi dedicherei ai “rami bassi” (Sabino Cassese) della PA: incentiverei gli 8mila Comuni a unirsi o consorziarsi e utilizzare le loro intelligenze per infrastrutturare il Paese e mettersi a disposizione di chi fa impresa e di chi ha bisogno, di chi ce la fa e di chi è in difficoltà: semplificare, farsi carico e risolvere i problemi con Sportelli unici. O così, utili al Paese, o pochi soldi. Milano ha 134 Comuni (uno ogni tre km.!); ne bastano 30 che operano in gruppo, dai sindaci in giù. Si risparmia un miliardo l’anno. Del Nord Milano – Sesto, Cinisello, Bresso, Cormano, Cusano e Paderno – si fa un Municipio di 250mila abitanti. Così può pesare, fare Metropoli e avanzare soldi.

3. LAVORO. Chiamerei gli interessati a una radicale riforma del lavoro: da dipendente / indifferente a collaborativo / creativo, con piena libertà di licenziamento e forti Istituzioni locali di accompagnamento e sostegno del lavoratore: potenti Agenzie pubbliche del lavoro partecipate da imprese, professioni e sindacati, orientate ad anticipare i problemi e assicurate – qualcuno interessato a non avere “sinistri”; che non guadagni sui disoccupati –. Questa riforma la pagherebbe l’Europa, che non sa più come dirci di fare Politiche attive. Con le economie sul gretto sistema attuale di casse integrazione, assistenza a gogò e pseudo formazione ci pagheremmo il sostegno (servizi e reddito) che è sacrosanto diritto di chi è nel bisogno e, pur attivandosi, non ce la fa. Cos’altro, nel tempo degli ingegneri e dei robot?

In Lombardia è domanda latente. Esploriamola.
FRANCESCO BIZZOTTO

mercoledì 13 dicembre 2017

UNO STUDIO EULER HERMES


CRESCE IL PIL MA IL FUTURO NON È PER FORZA ROSEO

Molti indicatori segnalano aree di incertezza

La crescita del PIL e la ripresa economica sono un dato di fatto, anche se nascondono delle serie criticità. Per il momento ci sono aziende, secondo uno studio del Sole 24 ore, che hanno avuto una crescita del 18% ed alcune che invece sono decresciute dell’11%. Quelle che hanno il miglior trend di crescita sono quelle che esportano, le più digitalizzate, con minore e più qualificata occupazione. Quelle in continua crisi sono quelle che offrivano più posti di lavoro.

Secondo uno studio di Euler Hermes, una società specializzata nel recupero crediti: “La crescita del PIL globale, sta accelerando con un buono slancio, aumentando finalmente ad un ritmo più sostenuto rispetto agli ultimi due anni, tuttavia, dietro questo quadro positivo, si trova una marcata divergenza nelle fortune economiche da paese a paese”.

E ancora: “È stata poco brillante negli Stati Uniti, sostanzialmente forte in Cina grazie a stimoli precedenti e stabile nell’Eurozona, soprattutto grazie alla crescita delle esportazioni. Anche la fiducia delle imprese è migliorata notevolmente, dato che sentono la spinta di una domanda più dinamica e una risalita dei prezzi, dopo diversi anni di sviluppo lento”.

È un dato da tenere sempre come riferimento, comunque la partita della crescita globale e nazionale è come una partita di calcetto. In campo per lo sviluppo ci sono: l’inflazione che crea una spinta alla fiducia e agli investimenti, l’aumento dei consumi, con le vendite al dettaglio in continuo lievitare, anche se lieve.

Questo migliora la fiducia delle imprese, dato che le aziende sentono la spinta di una domanda più dinamica e una risalita dei prezzi, dopo anni di progresso pigro. La ripresa degli investimenti e l’accelerazione delle esportazioni, che per quanto riguarda le aziende italiane è altamente positivo. Con questo continuo incremento ci sarà un progressivo miglioramento del mercato del lavoro, favorendo ulteriormente la spesa privata, vera leva per l’uscita dalla crisi. Le politiche di supporto, poiché la liquidità globale ha raggiunto livelli record, con oltre 19 trilioni di dollari e la politica monetaria dovrebbero rimanere ampiamente accomodanti.

Contro la crescita giocano: la reflazione, cioè la moderata nuova inflazione successiva alla deflazione, che se è positiva per il fatturato delle aziende, c’è il rischio che i margini e il potere di acquisto reagiscano negativamente; il fatto che il ciclo degli investimenti è in gran parte finanziato dal debito sia pubblico sia privato; i tassi di interesse più elevati potrebbero compromettere gli investimenti; il protezionismo, che non sta diminuendo e che trova continui sostenitori e le difficoltà a reagire ad una nuova crisi. Infatti i responsabili delle politiche sono preoccupati dai rischi derivanti dal non avere spazio di manovra sufficientemente recuperato prima della prossima crisi.

Poi c’è un giocatore che per il momento non sappiamo dove voglia posizionarsi: il rischio politico. In Europa dopo Brexit ed elezioni francesi non sembrano esserci grossi azzardi. Le elezioni italiane, nonostante tutto, non dovrebbero influenzare lo sviluppo, tant’è vero che il dibattito politico in Italia è caratterizzato da problemi che con l’economia centrano poco. Dall’immigrazione al testamento biologico, di sviluppo parlano seriamente in pochi, forse nessuno ha un’idea precisa, o probabilmente le decisioni vengono prese in altri ambiti e strutture, alle quali il nostro paese non sempre è invitato.

La democrazia parlamentare in Italia è sempre più in crisi, o meglio, è come se fosse svuotata. Non riesce a rappresentare la società nel suo complesso e appare assorta in dibattiti distanti dai reali bisogni dei cittadini. Ormai le leggi vengono interpretate attraverso regolamenti emanati dalle Authority, o sono il recepimento di direttive comunitarie.

Una situazione di questo tipo, insieme ad una ripresa che crea fratture e squilibri nella società, la famosa forbice tra ricchi e poveri che si allarga sempre di più, possono creare le premesse per un futuro poco roseo.

Massimo Cingolani

mercoledì 6 dicembre 2017

IL DIFFICILE INCONTRO TRA DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO


OCCUPAZIONE: COMPRENDO, PARTECIPO, CONCORRO

“Favorire la formazione mirata e il costante aggiornamento per incontrare la domanda delle imprese e cogliere i margini di occupabilità difficile (un consistente 20%)”. Lo dice Maurizio Del Conte, giovane presidente di ANPAL, l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro. E qual è la domanda? Le Camere di commercio sono impegnate a rilevarla, con la regia di ANPAL. In Lombardia, Brescia ha già una bella immagine della sua dinamica industria. Milano è due passi indietro, con le sue grandi imprese e Istituzioni, i servizi avanzati e una ricca industria di precisione nel Contado. Qui la domanda di lavoro è complessa e poco indagata. Una nebbia anni ’70.

La questione non riguarda solo l’occupazione. Serve capire come si orientano le imprese e quali competenze gli occorrono per mettere in campo le capacità e conoscenze giuste. Per orientare le famiglie, gli Istituti professionali, le Università e i formatori. Una relazione da strutturare in modo reciproco. Altrimenti come si fa a fare futuro? Nella separatezza, vince lo spreco autoreferenziale, perfetto nella buona fede, e il Paese perde pezzi di pregio (i giovani). Comprendere la domanda di lavoro significa indirizzare le Istituzioni formative e chieder loro il conto.

E non solo. Significa alimentare nei giovani, troppe volte isolati, confusi e disperati (apriamo gli occhi: 500 suicidi all’anno sono un incubo!), la mentalità del prender parte responsabile, del concorrere a creare le società di riferimento. È ciò di cui c’è bisogno per affermare il valore europeo della libertà personale che, appunto, con Giorgio Gaber, “non è star sopra un albero” (avere orario e stipendio personalizzati), “è partecipazione” (capire e dire dove va l’azienda e il mondo): pre-condizione di chance e di uguaglianza; presupposto di mobilità sociale, di differenze meritate, di giustizia. Indagare la domanda di lavoro (a Milano!) ha questo intenso riverbero sui giovani: mostra che la società vuole essere giusta perché è aperta, rischiarata, e dunque rischiabile. E Milano dà il tono al Paese.

Un esempio? La Germania, una società organizzata e ambiziosa. Non a caso ha due oliati livelli di democrazia economica: la partecipazione dei sindacati alla gestione delle grandi imprese e l’Agenzia pubblica del lavoro Ba, che accoglie e accompagna nella ricerca chi è senza lavoro e chi lo vuole cambiare per crescere. La Ba ha 100mila operatori; il nostro scalcagnato sistema di Centri per l’impiego 8mila, e l’Agenzia metropolitana milanese AFOL (costata 2 miliardi) è in frigorifero.

Allora, per fare oggi mercato del lavoro, serve l’Istituzione per le Politiche attive centrale (nazionale ed europea: bene ANPAL, va posto il problema a Bruxelles!) e locale: un attore pubblico-privato, largamente partecipato, che anticipi le crisi produttive e di relazione, e favorisca il dialogo, un vero match, tra domanda e offerta. La scelta del collaboratore (e dell’imprenditore) deve avvenire per confronto diretto e plurale, perché i fattori che contribuiscono alle decisioni sono a “razionalità limitata”, direbbero i Nobel per l’economia Daniel Kahneman (2002) e Richard Thaler (2017). Si tratta di competenze e di soldi, e di affinità, sintonie, simpatie. Premesse di armonie.

Questo hanno fatto i Paesi cresciuti più di noi in Pil e occupazione. Questo dice l’Europa (Marianne Thyssen, commissaria per l’occupazione: le Politiche attive del lavoro in Italia sono “incomplete e carenti”). E solo questa scelta forte di accompagnamento istituzionale giustifica un certo tasso di precariato (l’economia dei lavoretti, il lavoro a chiamata che cresce a doppia cifra) e farà rientrare il diffuso rancore. Non basta descrivere ciò che è evidente, come fa troppa stampa (ad esempio Luca Ricolfi sul Messaggero del 25 u.s.).

Senza l’articolata Istituzione per le Politiche attive, i rapporti di lavoro, promossi da relazioni casuali o familiste o sbilanciate, restano scentrati. Da qui i faticosi aggiustamenti successivi e l’insoddisfazione delle parti (il 58% dei lavoratori, mentre l’imprenditore vuole avere mani libere per licenziare se la collaborazione non gira). Non son proprio condizioni per quel che serve: la dedizione, la cura, la creatività, l’innovazione.

Al cuore della questione c’è un tema mal digerito nel bel Paese: il Mercato, luogo regolato di libera concorrenza tutt’altro che conservatrice. Dice Georg Simmel in Sociologia, 1908 (Edizioni di Comunità, Milano 1989, p. 246):

“Della concorrenza si sottolineano di solito gli aspetti velenosi, dispersivi (…). Accanto (… vi) sta però pur sempre un enorme effetto associativo: la concorrenza (…) moderna, che si contraddistingue come lotta di tutti contro tutti, è però al tempo stesso lotta di tutti per tutti.”

I giovani amano il libero concorrere. Sono assai più refrattari i “vecchi” adulti, la P.A. e le grandi imprese: tre colossi che praticano la statica, il trantràn, le furberie e la gestione (il taglio dei costi, fermo il resto).

Come affermare la concorrenza? Servono un bel dibattito, dati chiari e tre passi: 1° evidenziare l’indirizzo europeo e del Paese; 2° comprendere a fondo l’orientarsi e la domanda di lavoro delle imprese; 3° mirare in modo convergente all’Istituzione che favorisca il rispetto e il match tra detta domanda e l’offerta.

Senza scelte politiche chiare e avanzate c’incartiamo, senza libera impresa non c’è né lavoro né futuro, e senza libero lavoro perdiamo.

Francesco Bizzotto

NUOVE NORME O SEMPRE IN SALITA?


VOLONTARIATO E BUROCRAZIA. ALL’ITALIANA

Periferie e volontariato vengono spesso rappresentate per quello che non sono. Delle periferie non si coglie il disagio e l’estraneità verso le istituzioni, salvo meravigliarsi quando non vanno a votare o peggio scelgono ”male”. Il volontariato invece non è solo quello rappresentato dalle grandi associazioni, che dedicano molto tempo alla gestione dell’immagine e a ritagliarsi un ruolo nella politica. Ci sono associazioni con numeri esigui di volontari, ma impegnati a risolvere problemi e situazioni particolari della società.

Ad esempio c’è n’è una formata da appassionati di antichi strumenti scientifici a Brera, che restaura gratuitamente orologi storici. A Sondrio ci sono gruppi di appassionati che ripristinano treni veri e che li fanno funzionare. Spesso questo tipo di aggregazioni non sono percepite come “volontariato”, come se lo scopo debba sempre essere la cura di una persona malata e non la cura della città o dell’ambiente. Per molte di queste strutture l’unico rapporto con le istituzioni è solo di tipo burocratico. È vissuto come un obbligo, ad esempio, il fatto che legge 266 imponga alle associazioni di volontariato di stipulare un contratto di assicurazione di responsabilità civile, infortuni e malattia. L’obbligo sussiste anche qualora il volontario possa incorrere in un incidente, o possa contrarre una malattia professionale.

Con poche risorse questa voce può diventare un onere costoso, anche perché può capitare il caso della associazione di musicisti che vuole organizzare dei concerti di musica classica nei cortili delle case popolari, alla quale viene richiesta una polizza come se si trattasse di un concerto rock con cavi elettrici da 800 Volt. La legge sul terzo settore, dovrebbe finalmente regolamentare la sistemazione di un settore poco normato e spesso deregolato.

Nella giungla del volontariato non mancano poi esperienze di confine, dove vengono proposte filosofie positive: il superamento dell’egoismo, l’educazione ad un etica più avanzata, con citazioni di filosofi e papi; ma poi si passa alla richiesta di un contributo in contanti o con paypal, per ricevere una sorta di “kit del volontario” e di bilanci trasparenti non si vede nemmeno l’ombra. Spesso queste pratiche usano in maniera disinvolta i social, in una società bisognosa di solidarietà.

Un ruolo essenziale nella nuova regolazione sarà focalizzato sul Registro Unico del Terzo Settore: uno strumento che sarà avviato, gestito e aggiornato dalle Regioni ma che utilizzerà un’unica piattaforma nazionale.

L’obiettivo è il superamento della frammentazione e dell’opacità dei troppi registri oggi esistenti: l’accesso al Fondo progetti, al cinque per mille, agli incentivi fiscali sarà possibile solo attraverso l’iscrizione al Registro. Con il decreto sull’impresa sociale, l’Italia si dota di una normativa particolarmente innovativa, ampliamento dei campi di attività come il commercio equo, l’alloggio sociale, il nuovo credito, l’agricoltura sociale. La possibile, seppur parziale, distribuzione degli utili e soprattutto incentivi all’investimento di capitale per le nuove imprese sociali. Per la prima volta diventano esplicite in una legge alcune indicazioni alle pubbliche amministrazioni: come incentivare la cultura del volontariato, o cedere senza oneri alle associazioni beni mobili o immobili per manifestazioni, o in comodato gratuito come sedi, o a canone agevolato per la riqualificazione.

Il Governo con questo provvedimento intende investire sull’innovazione sociale, ma sarà fondamentale muoversi verso questo mondo in maniera non strumentale, non enfatizzando solo l’impegno verso le persone con disagio, ma valorizzando anche chi crea capitale sociale portando la musica classica in un cortile di periferia o restaurando un autobus storico che circolava a Milano negli anni del boom in una bella livrea biverde. Riguarda un mondo costituito da 300mila associazioni, 1 milione di lavoratori e oltre 5 milioni di volontari. Quelle del terzo settore sono organizzazioni essenziali per la coesione sociale.

Il sociologo americano Lyda Judson Hanifan, fu il primo ad introdurre in un suo scritto del 1916, e poi in un successivo del 1920, una definizione di “capitale sociale” nell’ambito dei rapporti sociali. Scriveva che “il capitale sociale si riferisce a quei beni intangibili che hanno valore più di ogni altro nella vita quotidiana delle persone: precisamente, la buona volontà, l’appartenenza ad organizzazioni, la solidarietà e i rapporti sociali tra individui e famiglie che compongono un’unità sociale”. E anche segnalava “quegli elementi tangibili che contano più di ogni altra cosa nella vita quotidiana delle persone: la buona volontà, l’amicizia, la partecipazione e i rapporti sociali tra coloro che costituiscono un gruppo sociale. Se una persona entra in contatto con i suoi vicini, e questi a propria volta con altri vicini, si determina un’accumulazione di capitale sociale”.

Il volontariato diffuso necessita di strutture leggere e temporanee, ad esempio c’è da pulire una via, un’area cani o di piantumare un’aiuola, per questo si può costruire un’unione temporanea di cittadini. Si potrebbe prevedere una struttura alla quale si possa aderire, con minimi passaggi burocratici, per normare eventuali responsabilità (se ad esempio ad un volontario dovesse cadere una scopa su di un’auto posteggiata). Nella nuova legge, ad una prima lettura, non sembrerebbe codificata una simile associazione; le amministrazioni locali, però, possono favorire e coordinare tali attività.

Massimo Cingolani


venerdì 6 ottobre 2017

4° ETÀ

CURARE LE RELAZIONI

Ho detto che la cura delle relazioni (formazione di base e oltre) è importante per fare impresa e andare nel mondo. Per fare l’economia che serve: libera, appassionata. La relazione è curiosità, apertura, reciprocità, rispetto. È un tratto che imposta la vita, fino alla 4° età. Cosa si prospetta, infatti? Chi viaggia attorno ai 70anni ha una probabilità del 40% di vivere a lungo in condizioni di non autosufficienza e solo. Con risorse pubbliche scarse. È il rischio personale più grave. A dire il vero, “rischio” implica anche azione e misura di risultato (una probabilità, che oggi si ottiene con capacità di prevedere e anticipare; di creare). Qui, siamo in mezzo al guado: sappiamo e non agiamo.
Invece in Germania è dal 1994 che l’assicurazione di questo rischio è obbligatoria. La relativa polizza è la “Long Term Care”. Può essere formulata in molti modi. L’innovazione più bella mira a fornire strutture, percorsi e servizi utili non solo a curare la malattia, la dipendenza. Anche a ridurne il rischio. Anticipare, evitare il danno. E recuperare l’autosufficienza se succede di perderla. Prevenire e recuperare è facile: il successo è al 50%. La probabilità così si può ridurre dal 40 al 20% e meno.
Si tratta di riflettere e investire nei servizi e nelle strutture del caso. Abbattendo il muro tra pubblico e privato. Torna attuale la lezione di Elinor Ostrom (1933 – 2012; Nobel per l’economia 2009) sul modo di tutelare i beni comuni: unire le forze, procedere per gradi, con chiari obiettivi. Nel nostro caso: chiamare l’assicuratore al dialogo; vedere come e cosa fanno altrove (Usa, Germania); leggere il servizio assicurativo nel suo doppio ruolo di investitore istituzionale che crea una solidarietà personale e libera, su misura e responsabile; puntare molto sui percorsi di prevenzione e di recupero. Non possiamo far troppo conto sulle badanti. Possiamo, ad esempio, creare strutture ad hoc (Case di Autonomia, Relazioni e Servizi per la 4° età) che ci accolgano nel bisogno e prima. In realtà, torna necessario un modo di abitare con ampi tratti solidali, comunitari, con sicuri spazi di autonomia e con tutti i servizi necessari (conviviali, tecnici, informatici, culturali, salutistici, infermieristici e di assistenza). Un modo di abitare relazionale a tutto tondo, a cui ci dobbiamo formare, che costa la metà rispetto a quello tradizionale e che piace anche ai giovani (è la “Casa taxi” di cui ha parlato il Censis).
E intanto? Rimane il tema della relazione nella 4° età di adesso. Un’emergenza. Nelle “Case di riposo”, dove finiscono i nostri vecchi (e domani noi), si deve agire molto di più in modo relazionale. Qui occorre investire; formare e praticare la relazione, ovvero la reciprocità, l’umanità, il dialogo, il rispetto e la partecipazione di gestione. Non possono essere luoghi in cui si tiene in vita e si spreme l’anziano (e i figli e le Istituzioni) in uno stato di prigioniero, a cui sono forniti servizi di sopravvivenza (materiali, igienico nutritivi), e il resto è volontariato. Anche qui si tratta di anticipare: la Magistratura. Se ne deve parlare alla luce del sole (oggi è vergogna). E si deve introdurre il principio / dovere di curare le relazioni della 4° età. Con personale dedicato e formando tutti alla cultura – repetita iuvant – della reciprocità, del dialogo e del rispetto. Anche e soprattutto per chi ha deficit cognitivi (la maggior parte), in larga misura prodotti da anni di solitudine e cattive relazioni.
Verrebbe da dire che è compito della Politica avviare il cambiamento. Ma, anche qui, la Politica siamo noi. E l’attesa, la delega e il silenzio è il peggior modo di farla.
Francesco BIZZOTTO

mercoledì 27 settembre 2017

PROPOSTA PER GESTIRE IL RISCHIO D’IMPRESA


LA RESPONSABILITA’ NELL’AGIRE

IN UNA SOCIETÀ APERTA


Tema: la responsabilità per le conseguenze dell’agire. Sembra che Londra abbia messo fuori Uber perché “l’approccio e il comportamento di Uber evidenziano una mancanza di responsabilità aziendale”. Intanto il mito della neutralità tecnologica è superato dai fatti di cronaca: c’è una responsabilità editoriale delle piattaforme social per le fake news che veicolano. Cosa è in crisi? La libertà proclamata dall’utilitarismo etico di “servire se stessi senza danneggiare gli altri”, dice Niklas Luhmann in Sociologia del rischio, Mondadori, ’96, p. 78. E Luhmann, che fu consulente di Khol, ipotizza: “Non potrebbe darsi che non accada mai che qualcuno possa promuovere il proprio utile senza danneggiare un altro?” È in discussione il presupposto del liberalismo; si tratta di “tenere presente il futuro”; si impone “il comandamento del calcolo delle conseguenze”. In Usa se ne discute dagli anni ’80 e lì la Gestione dei rischi (la prevenzione) è pratica dell’80% delle compagnie di assicurazione e oggetto di ricerca accademica. In Italia il 6%, con il Politecnico di Milano e pochi altri atenei impegnati nell’indifferenza generale. 

Eppure, Angelo Panebianco (editoriale del Corriere del 22 c.m.) attacca “la forza delle idee illiberali” e sostiene che i populisti europei sono “antisistema”, “nemici della società libera o aperta” e la loro proposta è inconsistente (ideologica, moralistica e autoritaria: “il governo della virtù”). Vero, purtroppo. 

Anche sul come si tenta di cambiare, Panebianco ha ragione. “La sindrome da sottosviluppo ha scavato” a fondo. E porta a esempio il “principio di precauzione: l’arma ideologica escogitata per fermare l’innovazione tecnica”. In effetti, non è sostenibile che un’innovazione possa avere corso solo se prova di non comportare rischi. Ha però torto quando pensa di bandire il principio e basta.


Per difendere la società aperta, qualcosa nel liberalismo va cambiato. L’individualismo irresponsabile rispetto al futuro deve lasciar posto a sistemi relazionali (reti) che osservino le possibilità produttive come rischi, cioè aperte a sviluppi positivi (opportunità) e negativi (perdite, danni, disastri). Occorre non separare e dare, nel Gestire le possibilità, pari importanza al lato in chiaro (i vantaggi) e a quello in ombra. 

Alla nostra cultura d’impresa, lo dico con rispetto, manca questa consapevolezza. Piombiamo sulle opportunità sperate insofferenti per il processo (dove vive il rischio e la possibilità prende corpo). E non solo. Dell’ombra (del rischio, che è una probabilità) non facciamo proprio misura, valutazione. Luhmann sostiene che se non c’è valutazione si tratta di pericolo, non di rischio. Fondamentale. Perché il pericolo scivola facile nell’azzardo, il fare sconsiderato, folle. Siamo immersi nei pericoli. Circondati. 

Dobbiamo provare a praticare il superamento del principio di precauzione con un antidoto di mercato all’irresponsabilità. Faccio un esempio. Si racconta che una potente industria petrolifera inglese qualche anno fa volesse cercare petrolio nel Polo nord. Ricerca tecnicamente possibile, con alti rischi. Si rivolse ai Lloid’s di Londra e ottenne il rifiuto ad assicurare l’impresa: è un azzardo. Il progetto fu accantonato. 

Proposta. I liberali assumano questo indirizzo: nessun progetto d’impresa può avere corso se non comprende un corposo impegno di copertura assicurativa perenne all risk di responsabilità (da studiare a livello di Ue). È d’accordo, Panebianco? 

In questi giorni la notizia: un accordo di collaborazione assicurativa è stato firmato tra Usa e Ue. Sarebbe bello che i due sistemi – che mi sembrano complementari – ponessero al centro il tema della Gestione del rischio d’impresa (dall’ambiente al Cyber risk).


FrancescoBIZZOTTO

venerdì 15 settembre 2017

PER EVITARE AI GIOVANI TRAGEDIE DI FALLIMENTI RELAZIONALI


FORMARE ALLA RELAZIONE



I posti di lavoro sono aumentati di 900mila unità in tre anni. Poi c’è che nei primi 6 mesi del 2017 il 40% degli assunti è part time. E questi per il 40% a tempo determinato. Come i 900mila. Se sei senza o vuoi cambiare lavoro, devi essere specialista (meglio ingegnere e informatico). Se no, vai per lavoretti. I dati dicono che le imprese esportano ma il capitale umano è depresso: trova lavoro chi taglia il lavoro. Intanto Industria 4.0 scalda i motori nel 50% delle PMI e i Servizi sono a zero (cose promettenti e paurose), mentre le famiglie mandano i giovani ai licei e snobbano gli istituti professionali. Non si orienta, non si sa cosa serve alle imprese (tranne realtà coraggiose: Brescia).



Il sistema economico esprime possibilità e meraviglie assolute. Ma va ripensato per offrire a tutti eque tutele e strumenti di attivazione, formazione e dialogo alla pari (Politiche attive). È ciò che si aspetta l’Europa. Tito Boeri propone di legare sgravi contributivi e incentivi di Industria 4.0. Ben detto. Giusto sarebbe fare un tutt’uno con le Politiche attive. Le imprese vi contribuiscano. Lo prevede la riforma delle Camere di commercio. Senza, siamo in ottica redistributiva e ha ragione Camusso. Serve “una nuova filosofia sociale, ha detto a Cernobbio il vicepremier di Singapore Shanmugaratnam, una rigenerazione” che faccia perno sulla responsabilità individuale. Ne ho parlato altre volte.



Qui desidero toccare un tema sottostimato: le relazioni di lavoro, con i loro delicati aspetti funzionali ed etici. Alle imprese servono tecnici capaci di reggere relazioni molto complesse nella realtà “aumentata” dai sistemi informativi. Urge una specifica formazione professionale – tra le armi buone della Germania – con focus nella relazione. Cosa succede quando sono coinvolte persone, macchine, robot collaboratori e oggetti terminali (utenze) tra loro interconnessi, ovvero con funzionamento solidale, dislocati nei luoghi più diversi da tutti i punti di vista? Fare impresa non è mai stato banale. Oggi richiede un’aggiunta di apertura e centratura relazionale capace di trascendere l’interesse personale. In tutti i ruoli. E nuove doti di intuizione, responsabilità, saggezza. Per fare dell’impresa una cattedrale del lavoro di gruppo creativo ed etico. Una rete delicata: ha come aspetti decisivi i tratti relazionali che uniscono gli snodi (i ruoli). Una rete armoniosa, che ama il conflitto di merito, non quello personale. Oltre una certa misura, non lo tollera.



La relazione, dunque, come assertività, reciprocità, rispetto. E comprensione: capire e prendere con sé le idee ed esigenze dell’altro; avere le proprie idee e tenere presente anche le sue, viverle come scorta e arricchimento. A questo porta la centratura relazionale: oltre l’egocentrismo, per individualità libere e autentiche. “Pro veritate adversa diligere”, era il motto del cardinal Martini. Splendido invito. Per inciso: le categorie liberali (individualiste irresponsabili) e socialiste (collettiviste centraliste) sono palle al piede.

E chi fa formazione di base e specialistica alla relazione? Mosche bianche. Incredibile. Ricordo cosa chiedevano all’AFOL Nord Milano, alla sua bella tradizione di formazione professionale, gli imprenditori di Sesto S. Giovanni e Cinisello Balsamo: formazione commerciale, alla vendita; formazione alla relazione. Avevano / hanno ragione.



Da dove cominciare? La “Scuola – lavoro” è una buona occasione per “restituire autonomia ai giovani che oggi fanno tutto tardi”, ha detto Giorgio Gori, candidato a governatore della Lombardia, al Meeting di Rimini. Sì, a 25 anni termina la potatura delle sinapsi cerebrali inutilizzate. Spariscono, come sentieri nel bosco non battuti. Occorre cominciare presto a praticare relazioni d’impresa. E introdurre la Relazione come materia di studio. Da quando? Dalle elementari. Eviteremmo ai giovani le tragedie di tanti fallimenti relazionali e gli daremmo presto l’abc del moderno fare impresa

Francesco Bizzotto

giovedì 10 agosto 2017

DISEGNO DI LEGGE CONCORRENZA


APPROVATO DOPO DUE ANNI !


Dopo oltre due anni all'esame del Parlamento, la legge sulla concorrenza trova la sua approvazione definitiva.
Approvato dal Governo ad aprile 2015, tra stop e rinvii, il disegno di legge ha avuto un percorso tortuoso.
Nella terza lettura alla Camera dei Deputati sono state introdotte alcune correzioni (che hanno riguardato energia, assicurazioni, telemarketing, odontoiatri e la dismissione dei distributori di benzina) confermate nel testo approvato, con il voto di fiducia, definitivamente, al Senato.

Queste, in sintesi, alcune delle principali misure contenute nella legge:

RC AUTO: La legge reintroduce il meccanismo del tacito rinnovo delle polizze in scadenza del ramo danni.

Si prevedono, inoltre, sconti per i clienti che installano la scatola nera, accettano di sottoporre il veicolo a ispezione o di collocare un dispositivo che impedisce alla persona di accendere il motore se ha bevuto troppo.

Tariffe più basse possono essere applicate anche per gli automobilisti “virtuosi” che risiedono nelle aree a più alta sinistrosità e con prezzi medi maggiori.

I criteri per applicare la scontistica saranno indicati dall'Ivass, a cui spetta anche la verifica.
Nel caso di mancato sconto sono previste sanzioni amministrative per le assicurazioni da 5.000 euro a 40.000 euro.

ENERGIA: Slitta dal 1 gennaio al 1 luglio 2018 la fine del mercato di maggior tutela per l'energia elettrica e il gas. Arriva, inoltre, la possibilità di rateizzare le maxi-bollette causate da ritardi o disguidi dovuti al fornitore del servizio.

Viene eliminata la possibilità di mettere all'asta la fornitura di energia elettrica per quegli utenti che non avranno optato per un operatore alla scadenza del regime di mercato tutelato.

ODONTOIATRI: Ogni società deve avere un Direttore Sanitario iscritto all'Albo degli Odontoiatri e possono operare solo i soggetti in possesso di titoli abilitanti.

UBER: Entro un anno dall'entrata in vigore del disegno di legge, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per la revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea, come Uber e Ncc.

POSTE: A partire dal 10 giugno 2017, Poste italiane non avrà più l'esclusiva sulle notifiche di atti giudiziari e multe.

BANCHE: Gli istituti bancari e le società di carte di credito assicurano che l'accesso ai propri servizi di assistenza ai clienti, anche attraverso chiamata da telefono mobile, avvenga a costi telefonici non superiori rispetto alla tariffa ordinaria urbana.

CAMBIO OPERATORE TV O TELEFONO: I clienti dovranno essere informati in partenza di quali spese dovranno affrontare in caso di cambio operatore per il telefono o l'abbonamento tv.
Cambiare operatore e annullare un contratto (con il recesso) sono operazioni che il consumatore potrà fare anche per via telematica.
Il contratto non potrà essere superiore ai 24 mesi.
Norme per semplificate le procedure di migrazione tra operatori di telefonia mobile.

PAGAMENTI DIGITALIZZATI: I pagamenti per l'ingresso ai musei o a eventi culturali potranno essere effettuati anche tramite telefonino.

AVVOCATI: L'esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, a società di capitali o a società cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'Albo tenuto dall'Ordine Territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società.

NOTAI: Il numero dei notai sale a uno ogni 5mila abitanti (oggi sono uno ogni 7mila abitanti).
Il registro delle successioni sarà tenuto dal Consiglio Nazionale del Notariato.
Per la costituzione delle srl semplificate continuerà a essere necessario l'intervento del notaio.

FARMACIE: Le società di capitali potranno essere titolari di farmacie ma dovranno rispettare un tetto del 20% su base regionale.
I titolari potranno prestare servizio in orari o periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori previa comunicazione all'autorità sanitaria competente e alla clientela.

HOTEL: Gli alberghi saranno liberi di fare alla clientela offerte migliori rispetto a quelle dei siti Internet di prenotazione online come Booking.

BONIFICHE DISTRIBUTORI BENZINA: In caso di riutilizzo dell'area i titolari di impianti di distribuzione dei carburanti procedono alla rimozione delle strutture interrate ma, nel caso di accertata contaminazione, si precisa che si procede alla bonifica in ogni caso.

Sen. Franco MIRABELLI

martedì 18 luglio 2017

LA POSSIBILITA’, RISCHI E OPPORTUNITA'


 “FATTORI DI CONTORNO”



I “sorprendenti risultati dell’export” (Corriere, Dario Di Vico) spingono il PIL. E i “fattori di contorno”? Posti e relazioni di lavoro, salari e consumi, povertà e ambiente ristagnano. Esportiamo innovazione, qualità e bellezza. Sottovalutiamo il contesto. Non tanto l’occupazione: il lavoro merita e la tecnica gli sta aprendo uno status artistico, non più sacrificale. Ne prenderemo atto. Ma, se i salari e le relazioni sono inceppati, se la povertà e l’ambiente chissenefrega, allora il mercato interno si chiude, non respira, inquina e brucia i giovani, le donne, la creatività. Specie a Milano, nelle nostre città.

La qualità vince e noi siamo nel circolo malato della quantità. Siamo sui numeri, sul benessere materiale e personale, quello che spinge l’Africa alla crescita più a portata di mano: arriverà a 2,5 miliardi d’individui nel 2050, dagli attuali 1,22. Siamo figli del freddo diritto (romano) che regola, controlla e porta tutto all’eccesso, più che del senso (greco) della misura, dell’equilibrio, della sobrietà. Così, in ansia per il futuro, non riusciamo a rallentare, respirare, gioire. Né ad anticipare i problemi, quando abbiamo condizioni oggettive più che sufficienti. Hans Jonas riteneva che solo una catastrofe ci farà cambiare strada. Provo a riflettere (da Assicuratore) su un elemento che ci aiuti ad anticipare: la Possibilità.

È una cascata invadente, esagerata. In ogni ambito la ricerca seleziona Possibilità e informazioni; sceglie, rifiuta, rinuncia. Mentre il nostro comportamento economico è rimasto aggressivo, predatorio. Siamo ingordi di Possibilità e scordiamo che contiene sia il vantaggio che se ne può trarre (l’opportunità), sia le perdite e i danni in cui si può incappare. La Possibilità è un potenziale aperto: un Rischio. Richiede riflessione, misura, valutazione di probabilità. Ma la nostra intelligenza separa, è immediata e unilaterale. Lo fa in termini statici, sognanti. Dice bene Henri Bergson in L'evoluzione creatrice (1941, Ed. Cortina, ‘02, p. 244):

“È il risultato delle azioni che ci interessa. […] Noi siamo interamente tesi al fine da realizzare. […] La mente si dirige di colpo allo scopo, ossia alla visione schematica e semplificata dell’atto nel suo essere immaginato come compiuto. […] L’intelligenza rappresenta dunque alla attività solo degli scopi da raggiungere, ovvero dei punti di stasi. […] La nostra coscienza si distoglie il più possibile dal movimento che si compie per conservare soltanto l’immagine anticipata del movimento compiuto.”

E adesso chiediamoci perché il Dlgs 231/01 (responsabilità – di fatto penale – di chi amministra) spaventi il 40% di chi intraprende; perché il Dlgs 81/08 (salute e sicurezza sul lavoro) legga il Rischio solo in negativo e sia vissuto come una fatica formale; perché il Dlgs 68/15 (delitto ambientale) turbi i sonni di molti; perché il regolamento europeo 679 sul Cyber risk – attacchi hacker – tolga il fiato a tutti (in vigore dal 25.05.’18, pare dica: chi paga riscatti commette reato; la colpa grave equivale al dolo; nessuno può più lavorare male, fare il furbo, e assicurarsi); perché la sentenza della Corte costituzionale 16601/17, che apre ai Danni punitivi, terrorizzi i grandi.

Non è questione di consapevolezza. Siamo lucidi e decisi ad accumulare e gestire vantaggi per la nostra tribù (con seguito di chiacchiere). Dopo, ci occupiamo male e di mala voglia del lato in ombra della Possibilità, il Rischio. Ecco, lo consideriamo un fattore di contorno. Se non curiamo questo virus (del saccheggio) e non rimediamo con dirittura di cuore all’errore di separare – ponendo al centro i processi, le relazioni responsabili, le Possibilità intese come Rischi – prepariamoci ai cigni neri delle catastrofi (economiche, ambientali e sociali).

Francesco BIZZOTTO

mercoledì 28 giugno 2017

LAVORO EUROPEO

Politiche per il lavoro, in Italia si è giocato il primo tempo (il licenziamento è più facile). Le politiche attive sono il secondo tempo.         


Marianne Thyssen (belga, 61 anni), commissaria europea per l’occupazione
ha detto: le riforme del lavoro in Italia vanno “nella giusta direzione, ma sono ancora incomplete e carenti dal punto di vista dell’attuazione, per esempio nel campo delle politiche attive per il lavoro”. In Italia si è giocato il primo tempo (il licenziamento è più facile). Le politiche attive sono il secondo tempo: accompagnano giovani e donne a trovare un posto e a cambiarlo, se è precario o a rischio; se non c’è sintonia, rispetto, reciprocità. C’è dell’altro, ma questo è il minimo sindacale. Altrimenti siamo sull’uscio della Costituzione. Previste dal Jobs act con l’ANPAL, Agenzia nazionale per le politiche attive (Dlgs 150/15), sono in mano alle regioni. Vi abbiamo investito meno di tutti (1/10 della Germania). Con la crisi, noi abbiamo ridotto, gli altri (anche la Spagna) hanno aumentato le risorse. L’approccio è frammentato e di attesa. I Centri per l’impiego sono screditati, appesantiti, isolati. E chi, come Milano, si avventura oltre (vedi l’AFOL Metropolitana), viene ignorato da tutte le parti.
È così che si perdono le elezioni (anche quelle politiche): per debolezze locali su grandi temi. Perché è chiaro che le politiche attive del lavoro sono un’assoluta priorità, si fanno su misura del territorio e offrono un’immagine plastica di chi governa e dei partiti (dei loro progetti). Se il Centrosinistra non vince in Lombardia (e se oggi perde Sesto S. Giovanni) è perché ha sbagliato tutto sul lavoro. Ora, non si faccia altro male. Riprenda a ragionare su come e perché il lavoro cambia. E cosa serve. Lo deve alla sua storia.
Jeremy Corbyn conquista e libera il sentiment dei giovani britannici quando chiede una politica per i molti, non per pochi, e li invita a essere leoni. Ad avere coraggio. Forse non servono progetti centrali (nazionali, regionali) definiti, ma orientamenti, visioni, e capacità di accendere fuochi, di attivare i più (i giovani, le donne, i competenti). Serve un Centrosinistra così, localmente organizzato, forte, e ben diretto. E coordinato a livello nazionale ed europeo. Per i più, per far esprimere potenziali, per accendere fuochi (come i commercianti del Medioevo e poi i borghesi delle nostre belle città). E il Centrodestra? Conserva valori. Un ruolo importante. Solo la relazione e il conflitto (di merito, per favore; quello personale è un’inciviltà, una vergogna) tra schieramenti, tra parti, fa compiere percorsi utili, positivi. E i 5Stelle? Ben venga il terzo o quarto incomodo: complica e favorisce crisi e cambiamenti. Ora, le diverse anime del Centrosinistra discutono di questo? Non mi pare. La butto lì: è di Centrosinistra essere per il libero mercato di rete (di relazioni) e per l’analogo concorrere (correre insieme a parità di chance, per obiettivi condivisi e con contributi e risultati personali diversi, molto diversi)? È di Centrosinistra la disuguaglianza di risultati (che non lascia alcuno in difficoltà) e la parità di chance (un mix di possibilità, occasioni, impegno, rischi da correre, diceva Dahrendorf)? Mi par di vedere la faccia di Bersani che ghigna: dillo a Renzi. Diciamolo: chi non è per il libero mercato e la concorrenza (governati dall’interesse generale), non è per la democrazia. E la bella Sinistra milanese, che ha fatto vincere Sala a Milano, gira gira non lo è. Parliamone.
Torno al lavoro. Guardiamo all’Europa e non siamo supponenti. Lì c’è quel che serve, a partire dalle risorse per fare le Agenzie del lavoro (con progetti regionali seri). L’AFOL di Milano può essere un test utile al Paese. Valorizziamola. Quali sono i nodi. Mi diceva il sindaco di Sesto Giorgio Oldrini nel 2008: oggi senza le aziende non aiuti i lavoratori. Partiamo da qui. Renzi ha messo in campo una riforma delle Camere di commercio (Dlgs 219/16) che offre alle imprese la chance di prender parte alle politiche attive.Una grande occasione. Per dimostrare a Bersani che si sbaglia: il problema non è Renzi.
Francesco Bizzotto

venerdì 9 giugno 2017

IMPRESA


 LA SALVA IL LAVORO

La creatività diffusa porta al Rischio, oltre la sfida quantitativa (volumi, costi). Lasciamo nell’impresa solo conflitti di merito (dialogici, produttivi). Portiamo fuori, sul territorio, quelli di relazione. Liberi tutti.

"Finalmente possiamo di nuovo scioglier le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; ogni rischio dell'uomo della conoscenza é permesso". Così Nietzsche in La gaia scienza (1882). Citato da Remo Bodei in Limite, Il Mulino, ‘16, p. 50.
Il rischiare senza limite è radice dei nostri guai. Per gli antichi Greci è hybris, la tracotanza che va oltre la Giusta misura. Abbiamo scordato che a Delfi c’erano due inviti: “Conosci te stesso” e “Niente di troppo”. Dove sta l’errore? Nell’idea tutt’ora confusa di Rischio. Mentre pericolo é un danno potenziale su cui non sono informato e non decido (N. Luhmann), l’azzardo è un eccesso consapevole: non accetta limiti. E il Rischio? È un simbolo. Dice della probabilità di esito della Possibilità misurata e sostenibile, negativa (Danni, perdite) e positiva (Opportunità, vantaggi). Perché “ciò che è in potenza, è in potenza gli opposti” (Aristotele, citato da Severino, Corriere, 1.12.’04). Così, se l’agire non è misurato, non è un Rischio. Può dar luogo a Opportunità, ma i Danni, alla lunga, se le bruceranno. Cosa rimarrà? “Potere, denaro e brama”, direbbe Thich Nhat Hanh.

Pericoli e azzardi sono legati alla crescita quantitativa (classica, del PIL). Ci porterà al collasso. Rischio è invece riferibile alla crescita di qualità, armoniosa, innovativa, liberante: schumpeteriana. Giusta per l'Italia che esporta bontà e bellezza, e si fa apprezzare. Parlare oggi di crescita (e occupazione) è un grossolano errore che contrasta con le leggi: la 231/01 Responsabilità amministrativa (obbliga a gestire i Rischi, ad anticiparne gli esiti), la 68/15 Delitto ambientale e il Regolamento UE 679 sul Cyber risk, in vigore dal 25.05.’18 (non ammette furberie: la Colpa grave è Dolo e quindi non è assicurabile).

Dobbiamo favorire la crescita di qualità, che si cura delle relazioni e rende misurati i Rischi. Serve un cambio di paradigma nei rapporti economici, che anticipi i problemi e ci disponga a concorrere con un "lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale" (papa Francesco). Vale a dire: cosa può rafforzarci dove siamo forti, fare più inclusione, giustizia e produttività?

Proposta: facciamo dell’impresa il luogo dell’armonia relazionale e del conflitto di merito; togliamole il problema della sicurezza e dignità del lavoro. Portiamo questo all’esterno, sul territorio, con un’Istituzione ad hoc partecipata e autorevole. L’impresa sia luogo di belle relazioni e dialogo (dia = divisione e lotta; logos = idee, ragioni, intuizioni, spirito che si libra), cioè di conflitto costruttivo, amichevole. Luogo di produzione di Rischi.

E se il conflitto tocca la relazione personale e vengono a mancare armonia e rispetto? I destini si dividono, le collaborazioni finiscono. Se ne parla nell’Istituzione e si cambia. Così, la concorrenza salirà di livello, l’imprenditore sarà libero di scegliere i collaboratori, e questi l’imprenditore. L’occupazione crescerà del 20%, le start up prenderanno il vento e le imprese fuori mercato potranno chiudere con dignità. Basta imposizioni, sprechi, rigidità e violenza nei rapporti di lavoro!
Francesco Bizzotto su Civicamente Newsletter  N.1 di Municipalità Metropolitane 2017

martedì 30 maggio 2017

DAL FESTIVAL DELL'ECONOMIA DI TRENTO


 “SALUTE DISUGUALE”


Il Festival dell'economia di Trento (1° - 4 giugno), diretto da Tito Boeri, parla di "Salute disuguale". Queste le tesi (dal sito):

1. La disuguaglianza dipende più che dal reddito da “fattori culturali, ambientali, sociali, legati al lavoro”; a volte da un “azzardo morale”, perché “la copertura sanitaria può avere effetti perversi riducendo gli incentivi (…) a condurre una vita sana”;

2. L'invecchiamento della popolazione (over 85: da 2 a 6 milioni nel ‘60) porta con sé l'aumento della dipendenza (6 volte di più se non lavori). La spesa è cresciuta dell’80%. Il sistema famiglia & badanti non reggerà al frammentarsi dei nuclei.

3. “Le donne sono più longeve, ma soffrono con maggiore probabilità di malattie che causano dolore e invalidità”;

4. Il sistema avrà bisogno di nuove risorse. “Alle famiglie più abbienti si chiederà di dare un maggior contributo o pagarsi le spese più costose”;

5. "Bisogna investire molto di più sulla prevenzione".



La prevenzione! Osservo che l'industria del rimedio (ospedali, cliniche e case farmaceutiche) è qui un monopolista, e guadagna sulla malattia. Aggiungo che il sistema Salute è tempo si curi anche dello stato d’animo (1° prevenzione). I Ricoveri per anziani sono spesso lager dove si cura il corpo e troppo poco il morale, il bisogno di relazione. E negli ospedali la funzione di Risk management (ora prevista dalla riforma Gelli) c’è spesso solo sulla carta.

Sì, la Salute è disuguale anche per ragioni culturali, di stili di vita. Così, l'uguaglianza la fa la responsabilità. Tutti hanno il diritto e il dovere di chiedersi: Come voglio curarmi? Il premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier: occorre prevenire e personalizzare. E l’una cosa non esiste senza l’altra. Le risorse aggiuntive al sistema siano frutto di un cambiamento positivo, non sacrificale. Per tutti. Una possibilità di prevenire, personalizzare e integrare generalizzata. Chi può farla? Come?

L’assicuratore può essere il cavaliere bianco del caso. Nato per tutelare a misura di rischio (le Mutue non potevano), crea una solidarietà impersonale eppure scelta, solida (un contratto anche a vita intera) e su misura. Spesso prevede percorsi di prevenzione. È l’unico modo per ridurre a probabilità le incertezze individuali che a volte sono pericoli (possibilità di danno senza decisione) o azzardi (eccessi consapevoli; follie).

Come in Germania, può assumere un ruolo di garante privato – pubblico, mediare e assicurare cure personalizzate e denaro fresco alle eccellenze. La probabilità di dipendenza in età avanzata è del 40% per un 65enne, e penso si stia alzando. Può essere dimezzata con la prevenzione. E anche la dipendenza può essere recuperata al 50%. Si può operare bene. La via l’ha indicata Montagnier.

L’assicuratore poi è investitore istituzionale interessato a rendere misurati i rischi di prospettiva infrastrutturali e sociali). È una puntuale indicazione europea – Solvency II – e dell’IVASS. Certo, bisogna conoscerlo e parlargli. Spero che ci sia tra il centinaio di relatori invitati da Tito Boeri.

Francesco BIZZOTTO

mercoledì 17 maggio 2017

DDL CONCORRENZA SERVE DARE PIU’ RUOLO ALL’IVASS


PER NON PERDERE LA FIDUCIA
A fronte di normative illeggibili e di complessità bizantina prendersela con la burocrazia è inevitabile, ma segnala anche il sintomo preoccupante della scadente capacità legislativa del Parlamento

Del DDL Concorrenza abbiamo visto il lato in fiore: la Scatola nera nell'auto offre alle compagnie di Assicurazione l'occasione di innovare e andare incontro alla domanda degli utenti (più Servizio e assistenza; più informazione reciproca e Prevenzione dei danni). Valgono (la Scatola nera, l'Informazione e la Prevenzione), per la polizza RC Auto e per tutte le polizze. Nella RC Auto possono essere decisive per ridurre in modo drastico due fenomeni non più tollerabili: le frodi sui sinistri e le auto non assicurate (un milione, il 20%).

Certo che, a leggere l'articolato del DDL, si rischia al 90% di perdere la fiducia nel legislatore. La complessità formale e di lettura è insuperabile. Così non va. Capiamo l'esigenza di correttezza, ma il legislatore e la burocrazia stanno, in questo modo, velocemente segando il ramo su cui sono seduti. Non li seguiamo. Anche perché le incerte e confuse disposizioni che escono, devono poi trovare rimedio - ci viene detto - in iniziative amministrative sul campo artefatte, solo formali, inutili, logoranti il rapporto con l'utenza e costose.

Prendersela con la burocrazia è inevitabile. I competenti hanno responsabilità, e dovrebbero trovare strade alternative che rendano semplice, leggibile e praticabile la loro produzione. Dire noi a loro, sarebbe una sciocchezza. Ognuno sa di casa sua, ed è lui che può e deve innovare. Noi diciamo che non siamo per niente soddisfatti di questa burocrazia.

E c'è una responsabilità anche del Parlamento, che dovrebbe non pretendere di mettere le brache alla realtà (normare nel dettaglio) ma piuttosto orientare il comparto ascoltando bene le voci del reale, degli operatori, cogliendo tra queste le buone prassi (non inventarle, non fare ideologia) e premiandole con la visibilità e il sostegno. E anche con una fiscalità di vantaggio. Conquistando così (rischiando in concreto) il consenso dei cittadini.

Certo, forse servirebbe un DDL Concorrenza dedicato a ciascuno dei grandi comparti, dopo aver ascoltato e compreso le realtà e scelto un certo orientamento. Operazioni omnibus sono difficili. E qualche volta gli operatori hanno la sensazione che l'azione del Parlamento evidenzi una volontà vagamente punitiva del comparto assicurativo

Del comparto assicurativo, che svolge un ruolo economico e sociale sottostimato, diciamo che può raddoppiare il proprio mercato se innova, se va incontro alla domanda e passa dal prodotto (la polizza) al servizio di Gestione dei rischi (Valutazione, Prevenzione, Assicurazione). Questa è domanda di sicurezza attiva - cioè di libertà -, indispensabile se vogliamo reggere il peso attuale dei rischi (e quello aggiuntivo che sta dentro ogni nuova possibilità). Peraltro il comparto deve orientarsi alla Gestione dei rischi per poterli misurare e quindi assicurare. Infatti, la statistica (il passato) dice ormai poco del futuro.

Inseguire la crescita, esplorare le possibilità, senza una moderna attrezzatura di Gestione della Possibilità / Rischio sarebbe irresponsabile. Anche a termini delle norme in essere (ad esempio la 231/01). 
Proponiamo al Parlamento di stimolare la concorrenza assicurativa su questo terreno, che fa immediatamente qualità delle relazioni e informazioni reciproche. Prevenire costa la metà rispetto a risarcire, curare, indennizzare. E anche le frodi si riducono al minimo. Chi si orienta alla Gestione dei rischi (in sostanza: chi fa Informazione e Prevenzione) merita la riduzione delle tasse dal 22,25% al 10%.

L'IVASS ha ben operato su molte delicate questioni. Potrebbe assumere il ruolo di implementazione del merito di vantaggio fiscale che proponiamo. Anche valorizzando le molte soluzioni tecniche disponibili. Ad esempio i dispositivi che non consentono di mettere in moto l'auto se il tasso alcoolico del guidatore è superiore al consentito. Oppure il dispositivo che ci avverte se siamo vicini al colpo di sonno. Ormai la tecnica della sicurezza consente di ridurre il rischio di incidente in modo significativo. Favoriamola.

NETWORK ASSICURATORI LOMBARDIA


mercoledì 3 maggio 2017

SCATOALA NERA E DDL CONCORRENZA


LA POLIZZA RC AUTO 4.0

Merita un vantaggio fiscale e chiama a innovare le relazioni.



Il Parlamento sta approvando il DDL Concorrenza che prevede un rilancio della Scatola nera sull'auto, come "mezzo per prevenire le truffe negli incidenti e ridurre le tariffe della RCA". Così la stampa. Vedremo se sarà obbligatoria. Ci sono modi diversi per incentivarla. Siamo molto d'accordo con questo provvedimento.

Sottolineo l'importanza di imparare nel processo: monitorare l'impatto della Scatola nera sull'automobilista e sugli eventi, per regolare al meglio la materia, usare a pieno le informazioni raccolte come prove di dinamica e innovare un servizio che può moltiplicare la sua utilità, il suo valore. E può essere molto apprezzato.

Intanto la fiducia nel ruolo dell'Assicuratore è aumentata del 19%, secondo una ricerca di Eumetra Monterosa del luglio scorso. Si fida il 38% dei cittadini (delle banche, purtroppo, il 18%).

Guardiamo avanti. La Scatola nera dell'auto può favorire l'affermarsi di una Polizza 4.0 che consenta la interconnessione, ovvero l'informazione reciproca e l'assistenza in tempo reale, per i casi di incidente e per altre emergenze (meteorologiche, di traffico, di limitazione, di salute, di aggressione, di impegni e scadenze tecniche). Per la massima sicurezza e libertà di spostamento.

L'occasione è bella per scatenare la ricerca, rilanciare la concorrenza e sviluppare l'area "Famiglia", che è quella, nel confronto europeo, a più alto potenziale di crescita, mentre percepisce meno delle imprese l'utilità del servizio assicurativo. Alcune compagnie vi hanno già investito. Forse sono pronte a sorprendere il mercato.

La Scatola nera, dunque, come dispositivo con cui la sicurezza in auto può fare un salto di qualità a beneficio della famiglia: può mettere a sistema molte informazioni per realizzare una gestione positiva e personalizzata dello specifico rischio (valuta le situazioni, informa, risponde alle domande, agevola gli spostamenti, migliora gli stili di guida, personalizza la tariffa, previene ingorghi e incidenti, ricorda scadenze e impegni, protegge conducente, passeggeri e terzi interessati, e li indennizza o risarcisce, se succede, se è il caso). Una gestione a cui non sarà difficile accedere, in anticipo, anche dal telefono.

La Scatola nera taglia alla radice la possibilità di imbastire falsi incidenti e truffare le compagnie e tutti noi. Richiede però un particolare impegno degli operatori e una attivazione in tempo reale delle forze dell'ordine. Come sempre, capacità di innovazione e fantasia nelle soluzioni devono saper anticipare quelle del malaffare. Che, è facile immaginare, inventerà per la Scatola nera il corrispettivo delle cinture disegnate sulla maglietta...



E le tariffe? E' prevedibile una loro diminuzione verso standard europei, a cui peraltro ci stiamo avvicinando grazie alla riduzione degli incidenti.

Ora, la concorrenza, l'innovazione e la riduzione delle tariffe possono essere accelerate dalle scelte del Governo, supportato dall'IVASS, che fin qui ha fornito bellissime prove.

L'IVASS può valutare quando il mercato e le singole offerte (le polizze 4.0) raggiungono una struttura e un valore tali - in termini di informazione, prevenzione dei danni, assistenza in tempo reale, protezione di terzi - da meritare una fiscalità di vantaggio. Differenziare le tasse è un bel modo per premiare l'innovazione e i coraggiosi che la mettono in campo e che la scelgono. Così, la Politica parla chiaro e si schiera. E si lascia misurare. Così, il consenso affianca la concretezza e batte il populismo e la chiacchiera tre a zero.

Comunque, la tariffa, il premio, deve stare in buon equilibrio con il servizio offerto. Operatori e utenti lo devono sentire in equilibrio. Questo è il punto. Ne devono essere soddisfatti: il premio vale il servizio, devono poter dire. Il comparto potrebbe, allora, mettere in campo iniziative per valutare il grado di soddisfazione di operatori e automobilisti. Anche questa è innovazione. Riguarda le relazioni, che sempre più sono il cuore pulsante delle nostre attività. Sono le relazioni che ci formano, sostengono, risolvono i problemi e danno gioia. Ci fanno sorridere. Poniamole al centro: renderanno, come per incanto, etici e sostenibili i sottili rischi del nostro tempo. Per inciso: credo proprio non ci sia altro modo per misurarli.



di Francesco Bizzotto



mercoledì 26 aprile 2017

NOI E IL CONGRESSO PD

Con MATTEO RENZI

Milano, aprile 2017 

Il Network Assicuratori prende posizione a favore della mozione di Matteo Renzi al Congresso del Pd, chiamato a compiere scelte di responsabilità per il Governo del Paese. Scelte che orientino in modo stabile e giusto verso l’interesse generale le libere decisioni dei grandi comparti come delle persone. Scelte che formino un ponte verso il futuro, per costruire partnership, un sistema di forze pubbliche e private – ha auspicato Bianca Maria Farina, presidente dell’ANIA – per obiettivi condivisi, nel rispetto di differenti ruoli, visioni e valori. 
 
Il mercato assicurativo è una componente del mondo finanziario, caratterizzata da un duplice ruolo: 
industriale (mediare i grandi rischi) e d’investitore di lungo periodo (800 miliardi) per la stabilità della sua stessa impresa. I due ruoli si fondono nell’obiettivo della sostenibilità dei rischi assunti, ha detto Salvatore Rossi, presidente dell’Ivass (l’Istituto di vigilanza), interpretando così l’indirizzo della normativa europea Solvency II. Infatti, a differenza della solidarietà mutualistica, quella assicurativa è una promessa (polizza), un impegno contrattuale, che consente all’assicurato di innovare e andare oltre i limiti delle comunità di appartenenza; di dire no, di osare ed essere libero. È così dal XIV secolo, quando l’assicuratore affianca i commercianti e consente loro di esplorare l’Oceano, trafficare con l’Islam e fare grandi le città europee. 
 
Ora, le attività dell’uomo, le sue capacità critiche, creative, innovative, comportano rischi crescenti, che sono l’altra faccia delle possibilità aperte dalla scienza. Al punto che oggi è la stessa definizione di rischio (la misurabilità o probabilità) a essere un problema. La statistica (gli eventi del passato) dice poco del futuro. 
 
Come possiamo rendere misurabile il rischio, il Tao materiale – fatto di vantaggi & di danni, di bene & di male –, affinché le probabilità di danni non superino quelle di vantaggi, di opportunità? 
È forse il massimo problema del fare Politica, del Governare e dell’agire, che richiama all’equilibrio, alla saggezza, alla Giusta Misura degli antichi. Un problema che è al cuore dell’attività dell’Assicuratore. Infatti se un rischio non è misurabile (se è un’incertezza, un pericolo), non è assicurabile. 
 
La nostra risposta è: con la Prevenzione dei danni. Ascoltato il mercato (la dialettica utenti – sistema delle imprese), riteniamo utile e necessario che le parti si orientino alla Prevenzione, valorizzando le relazioni e ampliando i percorsi condivisi, già presenti, di Gestione del rischio. La Prevenzione premia le buone relazioni, riduce a Giusta Misura il rischio e anticipa la polizza (l’impegno - promessa che libera l’Assicurato). Con la Prevenzione il nuovo Servizio è più giusto ed efficace, costa meno, soddisfa la domanda latente e crea un mercato più grande. Il nostro, nei Rami Danni (36 miliardi), ha un potenziale di crescita del 50%. Allargare il servizio alla Prevenzione è un indirizzo che merita una speciale fiscalità di vantaggio. 
 
E quali scelte di sistema pubblico – privato possono praticare e favorire la Prevenzione dei danni? Pensiamo sia corretto l’indirizzo dell’Ivass (del Governo), che invita le compagnie a mettere in sicurezza le imprese e i loro bilanci prevenendo i trend, mettendo così in sicurezza i rischi che hanno o avranno in casa. 
 
Centrali sono allora gli investimenti infrastrutturali di pubblico interesse, rispetto ai quali i leader di mercato hanno apertamente mostrato disponibilità. Pensiamo al progetto Casa Italia, lanciato da Renzi dopo il recente terremoto, in cui hanno parte Renzo Piano, il Politecnico di Milano e il suo Cineas (che si occupa, appunto, di Gestione dei rischi). Pensiamo alla Lombardia e al rischio del suo assetto idro - geologico e dei trasporti (privati, pubblici e aeroportuali), che può portare danni ingentissimi & vantaggi significativi, dalla sicurezza e velocizzazione dei processi economico - sociali alla produzione di energia. 
 Investire in grandi infrastrutture materiali e sociali è dunque scelta necessaria e lungimirante. Per il Paese, che deve creare le condizioni per la crescita di qualità. E anche per l’Assicuratore, che può così predisporsi a fare il suo bel mestiere nel tempo del rischio non misurabile con i soli criteri matematici. Tali infrastrutture costituiscono le pre-condizioni della misurabilità dei rischi e della profittabilità delle polizze assicurative. Egli creerà valore per il Paese e le condizioni per un riconoscimento e ampliamento del suo ruolo istituzionale e del suo mercato. E, non ultimo, per un alleggerimento delle tensioni interne al sistema, offrendo chance ai lavoratori dipendenti, agli agenti, ai broker, ai periti. E aprendo le porte ai giovani. 
 
Network Assicuratori – Pd