venerdì 26 luglio 2013

all’origine del caso Ligresti:

Il mancato riordino della vigilanza su risparmio e assicurazioni
Istituti pagati dai cittadini per tutelare gli interessi di pochi
Dopo l’accelerazione improvvisa dell’affare Ligresti le migliori firme del giornalismo, opinionisti ed esperti economici si sono scatenati all’unisono nella denuncia dei vizi del capitalismo di relazione, scoprendo la famelica voracità di rampolli e famigli.
Siamo come sorpresi della nostra sorpresa: eravamo abituati alla regola per cui più la fai grossa e meno sei pizzicato.  E che l'abbiano fatta grossa lo sappiamo dal primo giorno.
Basta soffermarsi sulle vicende dell’ultimo decennio per verificare come tutti sapessero e tutti lasciassero correre, anzi ritenessero la storia esemplare di quel modo di fare impresa che ha contraddistinto il salotto buono della finanza nazionale.
Dopo l’acquisto di Fondiaria nel 2002 da parte di Sai senza obbligo di OPA, alla faccia degli azionisti di minoranza,  nel decennio trascorso gli amministratori oggi agli arresti hanno cumulato posti nei cda di svariate aziende di primaria grandezza a partire da Mediobanca e ruoli decisionali nelle principali associazioni di categoria a partire dall’Ania, contribuendo a determinarne gli orientamenti fortemente protezionistici e di chiusura al mercato, specialmente nella Rca.
Il mondo finanziario ora tace e non accenna neanche al leit motiv  del “a mia insaputa” tanto di moda.
La verità è che l’anomalia Ligresti è l’emblema dell’opacità del nostro sistema finanziario affaristico e di relazione, che ha goduto della protezione di un sistema di controllo piegato a logiche di parte.
In un contesto dove il merito non conta nulla rispetto all’appartenenza,  in cui  le doti imprenditoriali non si misurano in relazione ai risultati.
Ci auguriamo non ci siano altri riflessi sul gruppo Fonsai già duramente colpito e sull’operazione industriale di un salvataggio con obiettivi apprezzabili e condivisibili.
Si proceda però più speditamente allo scioglimento di intrecci e relazioni fra le istituzioni finanziarie garanti più dei ruoli di potere che del mercato. Tutti dichiarano di volerli risolvere, ma con molta calma.  Nel frattempo il groviglio di partecipazioni del capitalismo di relazione vive e lotta contro il cambiamento. 
Si colga dunque l’ampia condivisione di analisi per mettere mano alla razionalizzazione delle molteplici autorità di controllo, badando soprattutto a garantirne l’indipendenza e l’autorevolezza, nell’ottica evolutiva  delle analoghe istituzioni comunitarie. Si proceda con l’indirizzo adottato nella riorganizzazione dell’Ivass.  
Le regole ci sono e saranno ancor più stringenti con l’avanzare dell’integrazione comunitaria, ma senza la volontà di applicarle e farle rispettare il caso Ligresti non sarà l’ultimo.
Un deciso intervento di Parlamento e Governo in materia di razionalizzazione delle autority è auspicabile per ridare fiducia al mercato, per far riscoprire e valorizzare capacità e competenze che sono prevalenti negli operatori e nel management del settore assicurativo e costituiscono la base per la ripresa del Paese.  

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